Come già saprete, sto leggendo
Il mulino sulla Floss di George Eliot, romanzo di 630 pagine fitte fitte, impegnativo non solo per la mole ma anche per la quantità di "carne al fuoco", per così dire; fortuna che si è rivelata sin da subito una storia più appassionante persino di quanto mi aspettassi (e le aspettative a questo giro erano altissime) ed ora che mi avvicino a concluderlo penso che queste ultime duecento pagine circa avranno ancora moltissimo da dirmi. Fatto sta che per dedicarmi alla recensione di questo libro - che, vi avverto, sarà lunga quanto il romanzo stesso credo! - c'è da aspettare ancora un po', perciò ne approfitto per dire la mia su due serie tv delle quali non vi avevo ancora parlato.

Cominciamo dalla più impegnativa (e conosciuta):
Stranger Things. Come penso la maggior parte di voi, ho iniziato a seguire questa serie l'anno scorso, appena uscita, e la prima stagione mi ha
coinvolta, appassionata, stregata, colpita e affondata; se non me ne avete mai sentito parlare qui sul blog, ciò dipende soltanto dal fatto che ne avevano parlato in talmente tanti - ed alcuni in maniera così brillante ed esaustiva! - che non sentivo di aver molto da aggiungere a quanto si poteva leggere un po' ovunque in giro sul web.
Come praticamente chiunque altro, ho amato ogni dettaglio della prima stagione di Stranger Things: l'ambientazione spaziale e temporale, la colonna sonora, le citazioni, il fantastico che entra e scombussola l'ordinario e - soprattutto - i protagonisti.
Per i pochissimi che ancora non sapessero nulla di
Stranger Things, si tratta di una serie ambientata nei
magnifici anni '80, nella piccola e tranquilla cittadina di
Hawkins, Indiana, ed i protagonisti sono quattro ragazzini nerd, amici per la pelle, che amano la scienza, giocano a
Dungeons & Dragons e si tengono costantemente in contatto con i walkie-talkie; le loro vite - e quelle di coloro che li circondano - vengono sconvolte quando un membro del loro gruppo -
Will - scompare improvvisamente. Ci sarà la ricerca dalle tinte più ufficiali (almeno inizialmente) - quella condotta dal poliziotto
Hopper - e la ricerca degli amici di Will -
Mike, Dustin e Lucas - i quali incontreranno anche una strana ragazzina dotata di qualche potere speciale e ben disposta ad aiutarli, ovvero la nostra beniamina
Eleven.
Questa in soldoni potrebbe essere la trama, ma chi l'ha visto sa bene quanto di più c'è da scoprire e da amare in
Stranger Things. Qui, più che fare una vera e propria recensione (che non mi sono sentita in grado di fare in passato e non mi sento all'altezza di fare adesso), volevo piuttosto togliermi qualche sassolino dalla scarpa perché,
mentre nella prima stagione non sarei riuscita a trovare un difetto neanche a cercarlo con la lente d'ingrandimento, la seconda non ha soddisfatto del tutto le mie aspettative. Attenzione, non sto dicendo che non mi sia piaciuta, perché tutti gli elementi più importanti che ci hanno tanto appassionati nella prima stagione, li ritroviamo pari pari anche nella seconda, perciò è impossibile non divorare una puntata dopo l'altra; tuttavia
ci sono state cose che non mi sono piaciute, e vi spiego quali:
- uno degli elementi che mi ha fatto tanto amare
Stranger Things è stata la
coesione dei nostri piccoli fantastici quattro. Will, Mike, Dustin e Lucas sono inseparabili, sono uniti nonostante siano molto diversi tra loro e nella prima stagione - a parte Will che ovviamente è per la maggior parte del tempo intrappolato nell'
upside down - li vediamo costantemente insieme a lavorare per raggiungere l'obiettivo di scoprire cosa sia accaduto al loro amico;
nella seconda stagione, invece, li vediamo per la maggior parte del tempo divisi: Will e Mike da una parte, Dustin e Lucas dall'altra e spesso ognuno per i fatti suoi. Ciò dipende dai vari filoni narrativi della storia, certo, ma mi è mancato il quartetto unito, mi è mancato vederli collaborare tutti insieme.
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Ecco il genere di cose che fanno quando si trovano insieme, capite ora cosa intendo?! |
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L'episodio sette. Okay, non è brutto, ma mi spiegate a cosa serviva?! Passi la ricerca della madre di Eleven ed il
flashback sulla sua storia - quello mi è piaciuto ed è stato interessante da scoprire, oltre che molto ben costruito - ma l'utilità di sua "sorella"
Eight? Eight e la sua piccola gang di malviventi vendicativi proprio non mi è piaciuta, aveva sfumature scontatissime che cozzano tantissimo con l'assoluta originalità che permea ogni dettaglio di
Stranger Things ed a meno che Eight non tornerà nella prossima stagione con un ruolo più significativo, potevamo veramente farne a meno. Tra l'altro, durante tutto l'episodio non ho potuto fare a meno di pensare "
ma dannazione El! A casa sta succedendo il finimondo, che cavolo stai facendo qui, torna dagli altri!!".
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Eight insegna ad Eleven cose che sapeva già fare |
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I due nuovi personaggi, Max e suo fratello. Anche in questo caso, non è che proprio non mi siano piaciuti ma mi è sembrata un'aggiunta un po' superflua o forse poco approfondita, non lo so. Tralasciando che il fratello di Max è uno dei personaggi più irritanti mai comparsi sulle scene - ma questo perché l'attore è veramente bravo nell'interpretazione di questo bulletto narcisistico e prepotente - che mi ha dato fastidio ogni volta che compariva, mi aspettavo qualcosa in più anche da loro appena introdotti ed invece c'è stato qualcosa di questi due nuovi personaggi che mi ha lasciato insoddisfatta.
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Max e il suo simpaticissimo fratellastro >_> |
Veniamo invece ai motivi per cui la seconda stagione di Stranger Things merita ancora un grandissimo SI:
1.
Winona Ryder. Eh sì, lei ormai si è talmente calata nel ruolo di
Joyce, la madre di
Will e Jonathan, che diventa difficile pensarla al di fuori del personaggio. Anche in questa seconda stagione Joyce è una madre coraggiosa, un po' (comprensibilmente) apprensiva, ma pronta a combattere contro qualunque forza umana o meno che metta in pericolo i suoi figli. Intelligente, fiera e mai arrendevole: nella sua imperfezione Joyce è un personaggio tutto da ammirare e l'interpretazione di Winona Ryder ne fa veramente un'icona.
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Joyce, la miglior madre scapestrata di sempre! |
2.
I personaggi adolescenti, ed il riscatto (almeno tra gli spettatori) del povero Steve. Non so voi, ma io già nella prima stagione mi ero affezionata a Jonathan ed a Nancy, mentre credo nessuno tifasse per Steve; in questa seconda stagione Nancy e Jonathan si trovano a passare più tempo da soli e personalmente mi sono divertita un sacco per come si è evoluto il loro rapporto. Mentre Steve già risulta molto più buono ed innocuo dal confronto col nuovo galletto del pollaio (il fratellastro di Max), inoltre si rivela più maturo, disponibile, ben predisposto e simpatico di quanto ci aspettassimo. E' giusto che Nancy faccia coppia con Jonathan, sono senz'altro meglio assortiti ed è così che doveva andare, ma per il resto #teamsteve
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Scegli la tua pettinatura preferita: digita A per votare Jonathan, digita B per votare Steve |
3.
Eleven, Eleven, Eleven, Eleven!!! Chi è a questo mondo che non è assolutamente pazzo per Eleven, per il suo sguardo talvolta dolce e talvolta capace di distruggere, per la sua purezza ed il suo credere fermamente che
gli amici non mentono, per il suo modo d'imparare e non dimenticare mai, per la sua fissa per gli
Eggo's, la sua testolina ricciuta e quell'ormai leggendaria gocciolina di sangue che cola dal naso? Alzate la mano se, come me, presagite la conquista di Hollywood da parte della talentuosissima
Millie Bobby Brown!
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La amiamo in tutte le salse! |
4.
Dustin. E ho detto tutto. Cioè, basta guardarlo:
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L'immagine è della prima stagione, ma è irresistibile *-* |
5.
Il rapporto tra Eleven ed Hopper, complicato quanto qualsiasi vera relazione padre-figlia (okay, forse un pochetto di più visto che se la metti in punizione può farti esplodere la casa, lol);
la puntata con il richiamo a Ghostbusters (che incalcolabile gioia per gli occhi e per il cuore!),
l'episodio finale (Nancy ha acquisito ancora più punti per aver fatto spuntare quel bel sorrisone al nostro Dustin!) e, tra i nuovi personaggi, sicuramente una menzione d'onore va a
Bob Newby, il più comune dei supereroi.
Per concludere questa parte dedicata a
Stranger Things, io propongo di unirci per aiutare il povero Jonathan: mai una volta che torni a casa e trovi, che ne so, la tavola apparecchiata con la madre che prepara la cena e il fratello che gioca in camera. Tra luci che si accendono da sole, i demogorgon e le pareti ricoperte di inquietanti disegni incomprensibili io non so con quale sentimento questo povero ragazzo torni ogni volta a casa.
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Cambiamo totalmente atmosfera con
Girlboss, scanzonata
comedy che racconta la personale battaglia e la rivincita di
Sophia, partendo dalla sua condizione zero. Sophia è infatti una ragazza di ventitré anni che, come tantissime altre persone alla sua età, non ha ancora una chiara visione del proprio futuro. Ma che dico chiara visione, non ne ha neanche la più pallida idea! Figlia unica di un padre rigido e concreto - interpretato da Dean Norris, l'agente
Hank Schrader per gli affezionati di
Breaking Bad - e con una vita sociale che si riassume nella migliore amica
Annie, Sophia salta da un lavoro provvisorio all'altro, vive in un appartamento molto carino ma dove sembra costantemente esser passato un ciclone, ed è sicura soltanto di una cosa: crescere è noioso, gli adulti sono tristi e lei non vuole piegarsi ad una fine monotona, insoddisfacente e del tutto prevedibile.
Sophia ha dalla sua un talento, ossia un intuito infallibile per la moda, per lo stile, per ciò che sembra brutto e potrebbe invece essere di tendenza. Tutto comincia con una giacca di pelle trovata in un negozio di abiti vintage, che messa all'asta su eBay le frutta in un paio di giorni un bel gruzzoletto. Da qui, l'idea, l'inizio della costante ricerca di abiti smessi ed all'apparenza improponibili che lei, forbici alla mano e sguardo visionario, trasforma in ciò che ogni ragazza vorrebbe addosso per essere unica e diversa da tutte le altre; così il negozio su eBay di Sophia diventa presto uno dei più popolari, e lei dovrà vedersela con l'invidia ed i boicottaggi di un intero forum di specialisti (e puristi) del settore vintage, coi quali si scontrerà dentro e fuori dallo schermo. Il suo appartamento verrà invaso da appendiabiti, scatole, una quantità di stoffa che nessun armadio potrebbe contenere e Sophia capisce che è il momento di dare alla sua attività la professionalità che coi numeri ha di fatto raggiunto
e quindi deve lottare per dimostrare a chi ancora non crede in lei - a chi ancora la vede come una ragazzina che presto potrebbe stancarsi di quel suo nuovo gioco - di esser invece diventata una donna d'affari sulla quale vale la pena scommettere.
Ammetto che inizialmente non avrei scommesso molto su questa serie, l'ho iniziata con quel pizzico di curiosità e la voglia di guardare una commedia leggera, ma durante i primi episodi il personaggio - interpretato da
Britt Robertson - mi sembrava veramente troppo scontato e vagamente infantile, con quella ribellione contro la società e l'ineluttabile destino di finire incastrati in un lavoro mediocre ed uguale a tutti gli altri; cose che
tutti abbiamo pensato da adolescenti, quando ci brillavano gli occhi seguendo il frenetico monologo iniziale di
Trainspotting. Però va a finire che
tutti cresciamo ed a meno che non rientriamo tra i pochi fortunatissimi che riescono a seguire i propri sogni ed a fare dei propri sogni il proprio lavoro, il meglio che ci può capire è un'occupazione che ci dia di che vivere ed il tempo per dedicarsi alle nostre passioni al di fuori di esso; o forse sono soltanto io che sono diventata già troppo cinica. Comunque sia,
il personaggio di Sophia Marlowe mi suscitava una dose di simpatia che non potevo far a meno di provare e per questo ho proseguito fiduciosa la visione, dovendo per forza ricredermi davanti alla sua faccia tosta, le sue capacità imprenditoriali e la sua determinazione. Mi sono persino emozionata per le sue vittorie, che le consentono di dare degli schiaffi morali a chi non pensava ce la potesse fare. E poi ci sono certi momenti di inno al
girlpower cui proprio non si può restare indifferenti.
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Sophia & Annie |
Parallelamente all'ascesa imprenditoriale di Sophia, viene raccontata anche - ovviamente - qualche vicenda della sua vita privata, come la relazione con un manager musicale e soprattutto
il rapporto con la sua migliore amica. Una delle puntate che ho apprezzato di più, è quella in cui viene raccontato il loro primo incontro ed i momenti salienti della loro amicizia, una puntata che mi ha coinvolta senza riserve, ma forse solo perché ho la fortuna di poter vantare un'amicizia altrettanto salda e imperitura, e Sophia ed Annie un po' mi ricordavano il mio legame con la mia migliore amica.
Vita lavorativa e vita privata s'incontrano e si scontrano e non sempre è facile farle andare d'accordo, o essere presente in entrambe o non scontentare nessuno. Anche nei momenti in cui è ovvio che Sophia stia commettendo degli errori, la comprendevo in pieno, perché dev'esserci qualche lato del mio carattere che le somiglia.
Sophia Marlowe, ventitrè anni, dalle stalle alle stelle, dall'essere una quasi-adulta senza direzione a regina di un impero, questa in soldoni la parabola raccontata da
Girlboss; però è anche una storia di formazione, Sophia infatti per arrivare dov'è deve
crescere, perché in qualunque modo tu decida di farlo crescere è inevitabile.
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Sophia Amoruso, la vera "girlboss" |
Girlboss è tratto dal romanzo autobiografico di Sophia Amoruso, la vera "girlboss", la quale a ventitré anni fondò veramente un impero partendo da un piccolo negozio online di vestiti vintage; una fiaba che però ha avuto un esito amaro, visto che nel 2016 il suo negozio ha dichiarato bancarotta.
Netflix ha cancellato Girlboss, non ci sarà pertanto da attendere una seconda stagione, ma a mio avviso questo non deve assolutamente fermarvi dal guardare questa serie, se vi incuriosisce, perché già prima di sapere che non sarebbe stato rinnovato, trovavo che
Girlboss fosse una serie perfettamente autoconclusiva. L'ultimo episodio non lascia proprio niente in sospeso né trovo che ci fosse bisogno di sapere altro sulla storia di Sophia; come ha scritto il mensile
Vanity Fair, forse ci sarebbe qualcosa da raccontare sugli ultimi anni di attività della Amoruso, ma non si tratterebbe certo di una
comedy.
Bene, come mio solito mi sono dilungata parecchio, spero non vi manchi la voglia di leggervi questi papiri e, come al solito, son curiosa di conoscere i vostri pareri nei commenti.
Vi auguro una buona conclusione al vostro fine settimana ed a presto!