lunedì 31 ottobre 2016

Agnes Grey, Anne Brontë

Sicuramente è difficile parlare di una Brontë senza fare il paragone con le altre due, specie quando questa è la meno celebre Anne e, leggendo il suo Agnes Grey, ci si accorge di quanto sia lontano dai romanzi delle sorelle. E' un po' la stessa cosa che accadde all'epoca della pubblicazione, quando le tre scrittrici inglesi erano conosciute col cognome Bell, tanto più che Agnes Grey fu pubblicato insieme a Cime tempestose quando ancora si era nel pieno della "febbre Jane Eyre".
Tuttavia credo che a nessuno di noi piacerebbe essere giudicato in relazione ai propri parenti e dunque non farò questo torto - né gliel'ho fatto durante la lettura - ad Acton Bell alias Anne Brontë.


Le sorelle Brontë
Illustrazione di Pierre Mornet

La trama e l'atmosfera di Agnes Grey sono squisitamente british e chiunque abbia un minimo di dimestichezza con casa Brontë vi ravviserà presto più di qualche nota biografica.
Agnes ha diciotto anni ed ha condotto sinora una vita appartata, essendo cresciuta in un piccolo villaggio isolato dove l'unica compagnia - oltre quella della famiglia - è quella di una manciata di parrocchiani residenti nei dintorni. La madre aveva da giovane rinunciato agli agi di una vita aristocratica per sposare l'uomo che amava, un pastore povero in canna ma buono e gentile e sinceramente innamorato di lei; con lui aveva messo al mondo due figlie, Agnes e la sorella maggiore Mary. La famiglia Grey conduce una vita modesta, ma governata da sani principi e sentimenti sinceri e nessuno sembra soffrire di particolari mancanze. L'unico che sembra non darsi pace è il padre, il quale dopo tutti questi anni ancora non si perdona di aver sottratto la moglie ad una vita comoda e senza preoccupazioni per offrirgliene in cambio una in cui non può mai concedersi il lusso di stare con le mani in mano. Poco importa che la serenità della signora Grey sia evidente, il marito si tormenta sapendo di non poter dare di più alla propria famiglia, e ancora di più si tormenta all'idea di lasciare moglie e figlie senza niente nel caso in cui gli succeda qualcosa. E così, con la supervisione della moglie che pone un freno alla sua sventatezza, continua ad inventarsi un investimento dietro l'altro; quando l'ennesimo di questi, il più importante e più carico di speranze, si rivela irrimediabilmente fallito, Agnes si fa coraggio e dà voce ad un'idea che ormai da tempo aveva in testa: trovarsi un posto come istitutrice. Il desiderio scaturisce non soltanto dalla voglia di provare ad aiutare economicamente la sua famiglia, ma anche dalla necessità di iniziare finalmente a vedere qualcosa di quel mondo così vasto e sconosciuto di cui finora ha solo sentito raccontare delle storie.
Riuscendo a vincere le iniziali obiezioni della famiglia, Agnes parte per il suo personale percorso di conoscenza, esperienza, crescita.

Il percorso di Agnes si svolgerà naturalmente in più fasi. Quelle lavorative sono soltanto due, entrambe tali da mettere a dura prova qualunque giovane ragazza, anche quando piena di buonsenso e buoni propositi come la nostra protagonista.
La prima casa presso la quale trova impiego, tramite una conoscenza, è Wellwood House abitata dalla famiglia Bloomfield, dove deve occuparsi dell'istruzione di tre bambini ancora piccoli ma già irrefrenabili, maleducati oltre ogni livello di sopportazione ed inclini a gesti crudeli (basti pensare che uno dei loro passatempi preferiti è maltrattare animaletti indifesi). La povera Agnes può ben poco davanti ai loro capricci ed alle loro scenate (arrivano persino a picchiarla!) ed i genitori di questi mostriciattoli non solo sono tanto ciechi da non rendersi conto di che mascalzoni siano i loro "angioletti", ma addirittura incoraggiano le loro cattive inclinazioni, azzerando con una parola gli sforzi titanici di Agnes necessari ad ottenere un misero miglioramento. Alla fine, concludono addirittura che sotto l'influenza dell'istitutrice i figli siano peggiorati, e così dopo poco meno di un anno di permanenza decidono di congedare Agnes.
Dopo un periodo di riposo in famiglia, la nostra beniamina torna alla carica e, stavolta tramite un annuncio, trova un nuovo posto: la famiglia Murray di Horton Lodge. Qui le sue allieve sono più grandi, ma non per questo meno scatenate o più propense ad ascoltarla: Matilda, quattordici anni, è un maschiaccio, interessata soltanto ai cavalli, alla caccia e sempre fiera di sfoggiare il vasto assortimento di imprecazioni imparato dal padre e dai suoi amici; Rosalie, sedici anni, è al contrario una civetta e tutto ciò che le importa imparare è quanto le serve per far superficialmente colpo in società. La madre delle ragazze è più sciocca di loro, dal momento che chiede ad Agnes di insegnar loro quanto serve per trovare un buon marito e di cercare di non essere mai troppo severa. Tuttavia la signorina Grey non soffre tanto per la pazienza necessaria a competere con persone simili, né per la quantità di compiti che deve portare a termine al posto delle sue pigre allieve; l'unica cosa che le pesa è la solitudine: nessuno in quella grande casa la prende in considerazione, nessuno - neanche i domestici - le parla e quando c'è un ospite viene bellamente ignorata. L'unico posto in cui può andare, la domenica, è la chiesa e col tempo inizierà a fare di tanto in tanto visita ai parrocchiani più indigenti a cui le sue allieve avevano fatto qualche promessa che poi non avevano voglia di mantenere, lasciando ad Agnes l'onere di rispettare l'impegno. Qualcosa cambia, almeno nei pensieri di Agnes, quando nella parrocchia arriva un nuovo coadiutore, il signor Weston: questi sembra tanto diverso dalle persone che Agnes si è ormai abituata ad avere attorno, e tanto più vicino a lei ed al suo modo di pensare e di sentire; tra Agnes e Weston non si sviluppa però subito una prevedibile storia d'amore: i passi sono molto più lenti, fatti per lo più di speranze, ingenui segnali, e poi separazioni spaziali e temporali, insufficienti a far sbiadire una simpatia così immediata e al tempo stesso così profonda. 
Tempo dopo i due si ritroveranno in riva al mare ed è davanti ad un tramonto, in cima ad un dirupo dal quale si gode un panorama mozzafiato, che il lettore li lascia per sempre.


La scrittura di Anne Brontë è lineare, semplice, oserei dire elementare ma non in un'accezione negativa; la penna di Anne non si perde in voli pindarici o alla ricerca di una prosa più ricca e sofisticata: niente di tutto questo sarebbe stato adatto ad un personaggio come quello di Agnes, la quale racconta - si racconta, anzi - al lettore in prima persona, costruendo il romanzo sulla base dei diari scritti all'epoca dei fatti narrati. La forza del romanzo in effetti è riposta tutta in lei, la sua protagonista, una protagonista che devo dire di aver apprezzato molto. Agnes è una ragazza seria, che nel temperamento ha molto in comune con la collega Jane Eyre, soprattutto il carattere riservato ma non timido e quella forza salda ed onesta che le porta a compiere il loro dovere ed a comportarsi come meglio possono. Il lettore non può non entrare in sintonia con Agnes, fosse anche soltanto perché lei gli parla in maniera tanto diretta. In particolare, ho provato empatia nei suoi confronti nelle tante scene in cui racconta di come, ogni volta che le sue allieve avevano una compagnia più interessante della sua, lei venisse completamente ignorata; in quei momenti, le tante e frivole chiacchiere del mondo esterno si contrappongono alle parole del mondo interiore di Agnes, che lei si tiene dentro non avendo nessuno a cui esternarle.

Molto meno invece ho apprezzato la caratterizzazione degli altri personaggi. Gli allievi di Agnes, tanto i primi quanto le seconde, mi sono sembrati enfatizzati in maniera eccessiva. Capisco le intenzioni dell'autrice, tuttavia bambini tanto cattivi e dispettosi mi sono sembrati quasi delle caricature, delle macchiette; allo stesso modo le ragazze Murray avrebbero acquisito un po' più di credibilità ai miei occhi se la Brontë avesse approfondito meglio questi due personaggi, senza limitarsi all'essere un maschiaccio dell'una e al comportamento civettuolo dell'altra.
Altro aspetto che ho gradito poco è il sentimento religioso di cui è farcito il libro: infiniti sono i rimandi e le citazioni dei testi biblici, così come molti discorsi tra Agnes e persone a lei care ruotano attorno alla fede, ai doveri di un buon cristiano eccetera, eccetera; il livore religioso non è eccessivo - sono ben altri i romanzi in cui abbonda in maniera insopportabile! - ma sufficiente talvolta ad annoiarmi. 

Il signor Weston, invece, è apprezzabile quanto il personaggio di Agnes. E' chiaro sin dall'inizio che i due son fatti per capirsi e per prendersi e mi è piaciuto tanto che la loro storia quasi ancora non fosse iniziata quando ormai ero vicina a concludere il romanzo: si confà perfettamente ai loro caratteri sobri e dignitosi che non ci sia alcun corteggiamento sfavillante, ma che piuttosto nasca una tenera amicizia per un gesto gentile scambiato anche a distanza di settimane. 

Agnes Grey non è un romanzo che soddisferà chi, fiducioso nel cognome Brontë, cerca storie tormentate come quelle tra Heathcliff e Catherine o Jane Eyre e Mr Rochester; i toni in Agnes Grey son molto più pacati, ordinari se volete, ma non per questo noiosi. 
Non posso elogiare il romanzo oltre quelli che sono i suoi obiettivi meriti: Agnes Grey non è un romanzo eccellente o brillante, è una storia semplice raccontata in maniera semplice. 
Personalmente, proprio per questo credo mi sia piaciuto, perché ogni tanto è bello anche rilassarsi con un romanzo del quale, nascendo in un'epoca passata, avremmo potuto essere noi le protagoniste. 

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