mercoledì 30 gennaio 2019

Devo tornare, a scrivere.

Il blocco dello scrittore. Lo conosce bene chiunque abbia l'abitudine di scrivere in prima persona, e lo conosce anche chiunque altro almeno per sentito dire. Lo chiamo in causa per aprire questo post perché è in parte la causa del mio silenzio da settembre a questa parte. In realtà avevo intenzione di ricominciare a parlare dei libri che leggo come nulla fosse, come se la mia voce non fosse mai sparita da questo spazio, senza inutili e noiose spiegazioni sui motivi di una delle mie tante pause - una delle più lunghe, credo. La verità, però, è che non ci riesco. Ho una bozza salvata che contiene appena qualche riga, riguardante il primo libro letto nel nuovo anno. Un libro che mi è piaciuto molto ma che soprattutto mi riempie di gioia ogni volta che lo guardo, perché è stato un regalo inaspettato da parte di una persona divenuta ormai indispensabile e fondamentale per me - ma questa è una storia bellissima, che vi racconterò forse in un'altra occasione. Il punto era che ho provato a più riprese a scrivere di quel libro, senza alcun risultato. I pensieri che sono soliti trasmettersi in maniera più o meno fluida alle dita, alla tastiera, fino a riempire tutto il bianco del foglio sullo schermo, non volevano andare da nessuna parte; continuavano ad inciampare su se stessi, ogni frase che mi trovavo sotto gli occhi mi sembrava di una banalità imbarazzante e finivo ogni volta col chiudere la pagina con un po' di frustrazione, o di insoddisfazione, o di una crescente mancanza di voglia di provarci ancora. 





Negli ultimi tre/quattro mesi dello scorso anno sono capitate cose difficili da attraversare. Di quelle che prima o poi sono inevitabili per tutti, come la morte di una persona cara. A me però - a noi - sono capitate a raffica, tutte insieme, all'improvviso e talvolta del tutto inaspettatamente. E' stata dura essere presente in quei momenti, ed essere presente in quei momenti ha fatto sì che sparissi del tutto o quasi da qualsiasi altro luogo, reale, virtuale, personale, altrui. Per un attimo ho sentito il diritto di mettere in sospeso tutto ciò che mi riguardava, comprese le mie preoccupazioni personali che, di fronte a questioni veramente insolubili, son sembrate in fondo piccole come un granello di sabbia. Passato il peggio, però, hanno ripreso subito le loro dimensioni abituali, ossia tanto più grandi e più pesanti di me, ma costantemente aggrappate alle mie spalle, che di conseguenza se ne vanno per il mondo ingobbite e trascinate verso il basso. Sentivo disordine intorno a me, dentro di me c'era sempre un chiasso insopportabile, e l'unica cosa che mi è venuto in mente di fare è stata aggrapparmi ad una penna e provare a fare una lunghissima passeggiata su un foglio di carta. Per la prima volta dopo un sacco di tempo ho scritto quasi quotidianamente, ho finito un intero quaderno che ho comprato in una cartoleria molto lontana da qui, spinta da un forte impulso e da uno strano senso di bisogno. Ho scoperto che le parole a volte non mi bastano, ma che posso raccontarmi anche con ritagli di carta, con immagini, con disegni semplici che - tazza di tè, candela accesa - se voglio mi allontanano ogni giorno da tutto ciò che mi sta stretto, ed impercettibilmente mi permettono di avvicinarmi a me stessa, quel nucleo che troppo spesso ignoro, evito di ascoltare o addirittura scaccio via in un angolo con una severità esagerata. Raramente ho scritto di come mi sentivo, di cosa provavo. Molto più spesso mi limitavo al racconto della mia giornata, come facevo da bambina, e proprio come da bambina sono tornata a sentirmi insoddisfatta anche di questo: oggi ho fatto questo e quest'altro; oggi è successo così e cosà; possibile che non hai nulla di più interessante da scrivere? Persino nei miei diari "segreti" son sempre stata molto rigida nei miei confronti.


Tornare sulla carta mi ha ulteriormente allontanata dal blog e dall'ambito virtuale in generale. Non sentivo quella particolare necessità di esprimermi che necessita di una controparte, di qualcuno che legga, che senta o che incontri quello che scrivo: anzi. Per qualche ragione, ho scoperto al contrario un bisogno estremo di privacy, ho scoperto in me una discrezione ed una chiusura di tutto ciò che avevo in testa che credo non mi sia mai appartenuta, perché da che ho memoria ho affidato tutto il mio interno alla scrittura, e la mia scrittura l'ho sempre data in mano - o in pasto - a chiunque. La usavo al posto della voce tutte le volte che le cose erano troppo difficili da dire, appena ho avuto un computer ed ho scoperto l'esistenza dei blog - avevo tredici o quattordici anni - l'ho lanciata dentro quella realtà virtuale come un grido nel buio, sperando che sopperisse a tutti i miei silenzi nella vita di tutti i giorni, che era piena di amici e di impegni ma mi sembrava non desse alcuno spazio a ciò che per me era realmente importante. Non ho mai avuto alcun pudore, riguardo i miei sentimenti. Se ci ripenso, non ho mai avuto paura di esporli per quello che erano, nudi e crudi, anche quelli più sporchi, più affilati, più contorti, più difficili per l'altro da comprendere. Protetta dall'anonimato di un nickname, che mi faceva sentire al sicuro come se indossassi un mantello invisibile, mi sentivo libera di tirar fuori tutto. Libera - anche se scrivere per me è sempre stato un girar il dito nella piaga, e poi gettarci del sale con anche una spruzzatina di limone. Ma anche quando faceva davvero male, riuscivo a trovarci un senso. Che è inspiegabile, al momento, ma so che chi può capire lo capirà. 

E' successo tutto questo, ed ora sono trascorse almeno un paio di settimane dall'ultima volta che mi sono seduta al tavolo col mio diario. Lo sto evitando come si evita un nemico che ci segue ma non ci aggredisce, perché sa che il nostro incontro è inevitabile ed ha tutta la pazienza necessaria ad attendere che avremo il coraggio di presentarci a volto scoperto. Perché tutto quello che deve succedere, prima o poi succede e basta. Sul finire dell'anno vecchio, non ho fatto nemmeno uno straccio di buon proposito, non ho concepito alcun obiettivo. E' stata una fatica titanica passare da un anno all'altro, come scavalcare qualcosa di monumentale che ci blocca il passaggio con le mani legate ed una gamba sola. L'unica frase - l'unico motto o pensiero - che ho voluto scrivere sulla prima pagina del 2019 è stata: trust the path unseen, credi nel sentiero nascosto. Quel sentiero esiste, ed anche quando sembra che non stiamo andando proprio da nessuna parte in realtà ci stiamo muovendo, e prima o poi ce ne accorgeremo. Avevo bisogno - ho bisogno - di credere che sia così. 

E di recente almeno dentro qualcosa si sta muovendo, talmente forte da far rumore sopra le faccende quotidiane, i pensieri pratici e negativi ed i circoli viziosi. Per quello sto evitando la carta e la penna, perché quando ci incontreremo sarà un lento affogare dentro lo specchio, il momento dello scontro è ormai arrivato e sarà un duello spietato, in cui la penna non mi farà nessuno sconto, nessuna grazia, niente pietà. Colpo su colpo, parola dopo parola. E' giunto il momento di affrontarmi perché è seriamente giunto il momento di arrivare a qualcosa, qualcosa a cui ho sempre girato attorno, qualcosa che ho cullato, sfiorato, odiato, sognato, evitato, perseguito, ignorato, custodito, disprezzato con cui ho lottato fin da quando ero piccola ma che, alla fine, non sono mai riuscita a mettere da parte o dimenticare del tutto. Quel qualcosa si chiama scrivere. Io devo scrivere. E stavolta, sul serio, è ora o mai più.


J.

Anna Karénina, Lev Tolstòj

Anna Karénina , Lev Tolstòj, Russia 1875-77 – ma anche qualsiasi altro luogo e tempo dacché esistono l’uomo e la donna. Il commento al rom...