Ecco, La breve favolosa vita di Oscar Wao con me ha fatto questo: mi ha perseguitata finché non mi ha raggiunta. Devo ammettere che con questo titolo mi ha incuriosita fin da subito, e che nonostante questo forse sarei riuscita a non cedere così presto se non l'avessi trovato a otto euro anziché diciassette sul sito del Libraccio (se dovesse interessarvi, mi sembra di aver visto che nei vari siti sia ancora al 55% di sconto, dunque potete approfittarne!). Il fascino della copertina, poi, ha completato l'opera di convincimento.
L'autore è Junot Dìaz, dominicano trapiantato nel New Jersey (ultimamente ho letto tutti libri di autori originari del New Jersey, inizio a chiedermi se sotto ci sia qualche strano segno da interpretare, tipo: va' nel New Jersey e troverai la tua strada… e simili). Oltre a scrivere, insegna scrittura creativa al MIT. Prima di approdare al romanzo, molti suoi racconti sono stati pubblicati nelle maggiori testate americane, attirando l'attenzione dei critici di tutta la nazione, che lo hanno presto giudicato uno degli scrittori più promettenti della sua generazione. Il suo primo vero romanzo, dunque, è stato uno dei più attesi e la sua pubblicazione, avvenuta nel 2007, non è certo passata inosservata.
La breve favolosa vita di Oscar Wao, tanto per cominciare, non ha deluso le mie aspettative. Mi ha coinvolta sin dalla prima pagina, mi ha costretta a fare le ore piccole la notte perché volevo leggere ancora e ancora, mi ha divertita, commossa, conquistata totalmente. Per prima cosa mi ha stupita, perché pensavo fosse tutto incentrato sulla figura di Oscar, chiunque egli fosse, e invece sin dal secondo capitolo mi ha rivelato la sua natura di romanzo corale, spalancato su un mondo molto più vasto: quello dominicano e delle comunità sudamericane spiantate nei sobborghi americani.
Il narratore resta non identificato fino agli ultimi capitoli del libro, ma sin da subito si intuisce che deve trattarsi di un amico di Oscar o comunque di una persona a lui vicina che lo ha conosciuto bene.
Ma chi è questo fantomatico Oscar? Be', Oscar è un altro nerd come tanti e lo è all'ennesima potenza. La sua passione per il fantasy e la fantascienza superano qualunque altra cosa, tranne la necessità di trovare quella cosa tanto ambita che comunemente chiamiamo amore. Il problema è che Oscar vive di queste passioni all'interno di un contesto che non riesce a capirlo e comprenderlo, figuriamoci incoraggiarlo; inoltre Oscar non è esattamente il classico stallone latino: fortemente in sovrappeso, con i lineamenti del viso che una volta raggiunta l'adolescenza si sono completamente scombinati. Inutile dire come tutti questi elementi siano diventati per il povero Oscar una matrioska d'insicurezze, alimentata da ogni rifiuto che l'ennesima ragazza con cui aveva deciso di farsi coraggio gli sbatte in faccia senza tanti complimenti. Per ogni dura delusione ricevuta nella realtà, Oscar trova salvezza nel suo mondo, quello fatto di libri (Tolkien prima di tutti), fumetti e anime giapponesi; e poi scrive, Oscar scrive senza posa: un giorno sarebbe diventato il Tolkien dominicano, diceva.
La storia di Oscar non si limita a questo: Junot Dìaz non si è accontentato di creare l'ennesimo adolescente/giovane adulto escluso e disadattato, il suo personaggio è molto più profondo e complesso di così. E' facile sorridere delle quotidiane battaglie vissute durante il liceo, o empatizzare con un ragazzino goffo che resta a guardare mentre tutti gli altri sperimentano i primi baci e le prime palpatine; più o meno ci siamo passati tutti, e noi Lettori di sicuro rivediamo qualcosa di ciò che eravamo in un adolescente che cerca nelle opere di fantasia tutto quel che gli manca nella realtà. Ma poi cresciamo, e nella maggior parte dei casi ci lasciamo dietro questo disagio esistenziale. Cosa succede, invece, se col passare degli anni non cambia niente? Se resti lo stesso ragazzino goffo e ciccione, che una donna non l'ha sfiorata mai neanche per sbaglio. Se la fantasia continua ad essere l'unica cosa bella su cui puoi contare, al punto che appena torni alla realtà ti chiedi che ci stai a fare.
Ecco, per Oscar è così, la sua vita continua a fare schifo. Continua ad innamorarsi, senza avere mai la speranza di venire anche solo preso in considerazione. Continua ad essere il bersaglio degli scherzi dei coetanei maschi, coi quali mai potrà integrarsi. Continua a scrivere, sempre.
A questo punto la sua goffaggine, il suo modo di esprimersi, i suoi tentativi di approccio col gentil sesso... Tutto questo non fa più ridere come all'inizio, ma lascia spazio ad una profonda malinconia, al senso di stanchezza e di vuoto che Oscar si trascina dietro assieme a tutto il suo peso.
E pensate che sia tutto qui?
Nossignori.
Oscar è il centro della storia, ma questo romanzo abbraccia intere decadi e la storia di un popolo e di uno dei periodi più difficili che si è trovato a subire: la dittatura di Rafael Leónidas Trujillo Molina, comunemente chiamato El Jefe, che determinò ogni singolo aspetto della vita dei dominicani dal 1930 al 1960, quando alla fine i rivoluzionari riuscirono ad assassinarlo. Non ho idea se il ritratto di questo personaggio e dei suoi soci sia o meno fedele alla realtà, ma un triste sentore mi dice di sì. Per darvi un'idea, si rischiava di essere uccisi solo a pronunciar male il suo nome, figuriamoci avere un'idea propria o magari addirittura seguirla. El Jefe non aveva scrupoli, per nessuno.
Questa porzione di storia incontra quella di Oscar andando a ritroso nel tempo: Oscar infatti conosce Santo Domingo solo per qualche oziosa vacanza estiva e del Jefe nessuno gli ha detto quasi niente.
Quelle che invece ne sanno parecchio sono le donne della sua famiglia.
E veniamo a quella che secondo me è la vera meraviglia del romanzo: le donne che lo popolano.
C'è Lola, la sorella di Oscar, l'unica in grado di capirlo e di mostrargli affetto e solidarietà. L'unica che incoraggia le sue passioni, essendo anche lei un'amante della lettura; Lola è una ragazza estremamente determinata e decisa, che fin da adolescente si distingue dalle sue coetanee dominicane. Comprende che l'unica sua via di fuga è l'istruzione, e per questo si batte e lavora come un mulo.
Poi c'è quel donnone che è Hypatía Belicia Cabral, Beli per gli amici, la madre di Oscar e Lola, che prima conosciamo attraverso i loro occhi come un tornado: una madre assente, costantemente al lavoro, che quando è in casa non fa che urlare ordini e che non ci mette tanto ad alzare, assieme alla voce, anche le mani. Solo che poi appunto il tempo si srotola al passato, e la vediamo sopravvivere all'inferno durante l'infanzia, sospirare annoiata all'indomani dell'adolescenza e poi boom, un corpo che da un'estate all'altra sboccia o – nel suo caso – esplode in uno splendore davanti al quale nessun uomo sarebbe potuto rimanere indifferente. E con questo? Eh, e con questo ovviamente capita un ragazzo, e con questo ragazzo un casino dopo l'altro che vede Beli sempre in piedi ad attraversare la tempesta e la sua forza, la sua passione travolgente in qualche modo ti conquista, anche quando pensi che si stia comportando in modo estremamente stupido. Ed in quella ragazza bellissima, focosa tanto fuori quanto dentro, riconosci già la donna terribile che rincorre i poveri Oscar e Lola.
Nel passato di Beli la figura più importante è la madre che non è la vera madre, che comunque Lola ed Oscar hanno sempre chiamato abuela, nonna, e che tutti chiamano La Inca. E lei non ci provo neanche a descriverla, perché è un personaggio così bello sotto ogni aspetto, bello come solo le nonne possono essere. La Inca, attraversata da tanti dolori e tanti anni e ancora salda come una roccia.
E' finita qui? No, perché Beli una volta aveva una famiglia intera, una famiglia vera, tutta sua.
Padre, madre e persino due sorelle.

Allora, vi ho convinto?
Mi hai decisamente convinta!
RispondiEliminaAnche io amo la letteratura sudamericana, e sono di origine sudamericana, quindi la trovo molto vicina, sento di capirla.
Hai assolutamente ragione quando dici che quei romanzi non sono simile a nient'altro che ad altri romanzi di autori del sudamerica, perché rispecchiano molto un intero popolo, un modo di vivere comune che è diverso da quello che possono avere gli americani o gli europei.
Non avevo mai sentito parlare di questo autore ma leggerò il suo romanzo perché mi hai incuriosita, e dalla recensione appassionata che hai scritto, si vede che ti è piaciuto molto! :)
Sì, lo stile di questo autore è super coinvolgente, ma soprattutto sono bellissimi e molto intensi i personaggi! Sono contenta di averti incuriosita, quando lo avrai letto anche tu sarò molto curiosa di sapere cosa ne pensi :)
EliminaSì! :)
RispondiEliminaPerfetto :)
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