mercoledì 27 gennaio 2016

I Pilastri, Iliade #6: Libro Sesto

Colloquio di Ettore e Andromaca
Atena veneranda, liberatrice, dea luminosa,
spezza la lancia a Diomede e fa' che s'abbatta
prono colui, sotto le porte Scee,
sì che subito ora dodici vacche nel tempio,
d'un anno, non dome, immoliamo, se avrai compassione
della città, delle spose dei Teucri, dei figli balbettanti. 

Per la prima volta da quando ho cominciato sono in ritardo col post settimanale dedicato all'Iliade e questo perché negli ultimi giorni non sono stata molto bene. Anche oggi non sono quel che si dice il perfetto ritratto della salute, ma se mi seguite dovreste aver capito che ci tengo a questa lettura ed a questa rubrica e finché posso cerco di starci dietro. E dopo essermi rinfrescata un po' ed essermi bevuta un bel caffè mi sento abbastanza in forze da condividere con voi le emozioni del Libro Sesto.

Gli dèi, dopo averne combinate di tutti i colori in mezzo ai soldati, alla fine del Libro Quinto se ne erano tornati sull'Olimpo; sulla terra però la battaglia prosegue senza di loro ed il Libro di cui vi parlo oggi si apre su quella che viene definita una catena di duelli. Ormai ho sottolineato spesso quanto siano belle le righe di Omero dedicate alle battaglie ed è una cosa che davvero si conferma ad ogni episodio. Ci ritroviamo ad un punto in cui sono di nuovo i Troiani ad indietreggiare davanti agli Achei, perciò un indovino troiano, Eleno, si rivolge ai due più forti combattenti troiani, Ettore ed Enea: raccogliete i soldati, dice loro, e poi continueremo a resistere e a lottare contro gli Achei. Inoltre consiglia ad Ettore di correre dalla madre e dirle di convocare tutte le Anziane, e di prendere il più bel peplo che ha in casa - il peplo sarebbe l'abito tipico indossato dalle donne - e di poggiarlo sulle ginocchia di Atena presso il suo tempio, promettendole il sacrificio di dodici vacche se avrà compassione della città di Troia.



Esempio di "peplo"

Ettore agisce subito come gli viene richiesto, incita i suoi soldati a riprendere coraggio e quelli riescono a far fronte agli Achei, al punto che questi iniziarono a chiedersi se tra di essi non fosse di nuovo sceso qualche nume; a questo punto Ettore parte alla volta della città, ma noi restiamo ancora un po' sul campo per assistere al dialogo tra l'acheo Diomede ed il troiano Glauco: quest'ultimo si fa avanti per sfidare il tanto temuto Diomede, il quale gli domanda chi egli sia, che ha tanto coraggio da farsi avanti così. Quando Glauco inizia a raccontare della sua stirpe, esce fuori che tra la dinastia dell'uno e dell'altro vi erano stati episodi di reciproca ospitalità, e l'ospitalità era un rapporto che stabiliva un legame ereditario, impegnativo e sacro al punto da richiedere di esser rispettato anche quando, come in questa situazione, due "ospiti" si trovano in alleanze militari opposte. Diomede perciò propone che loro due si evitino in battaglia, tanto per ognuno ci sono tanti altri soldati da uccidere! Glauco e Diomede si stringono la mano e si scambiano dei doni (nei quali Glauco dimostra d'aver perso il senno, scambiando armi d'oro con armi di bronzo e cento buoi con nove buoi, mah) e ognuno per la sua strada.

Intanto Ettore ha raggiunto le porte della città, dove subito incontro gli vengono tutte le donne che vorrebbero aver notizia dei loro fratelli, padri, mariti; ma Ettore non dice loro nulla, se non di pregare. Quando arriva alla bella dimora di Priamo subito gli viene incontro Ecuba, la madre, che gli fa domande e gli offre del vino per ristorarsi, che però Ettore non accetta temendo di lasciarsi andare e perdere il vigore che gli serve per tornare poi in battaglia. Piuttosto riferisce alla madre il consiglio di Eleno, di recarsi al tempio di Atena col più bel peplo che possiede a pregare assieme a tutte le Anziane; lei allora raduna le ancelle e le manda in giro per la città a radunare le donne che dovranno accompagnarla e tutte insieme si recano al tempio, depongono il peplo sulle ginocchia della dea e le promettono le dodici vacche se lei spezzerà la lancia di Diomede ed avrà pietà dei figli di Priamo. Sappiamo però che Atena fe' cenno di no.

Ettore nel mentre si è già spostato per andare a cazziare il fratello Alessandro (che poi sarebbe Paride) perché dopo il duello con Menelao non è più tornato sul campo ed i Troiani ormai iniziano a dir male di lui. Alessandro non se la prende anzi, riconosce che Ettore ha ragione a parlargli in quel modo, ma aveva bisogno di sfogare il dolore (leggi: trastullarsi con Elena) ed ora che la sua donna l'ha incitato a tornare in battaglia va meglio (appunto). Ettore non dice nulla, ma Elena s'intromette dicendo al cognato quanto vorrebbe, con tutte le sue sciagure, almeno essere la sposa di un uomo più forte, ma costui (cioè Alessandro) non ha ora cuor saldo e neanche lo avrà certo mai; e temo che ne mieterà il frutto. Ettore non perde molto altro tempo nella loro casa, preso appuntamento con Alessandro si affretta alla propria dimora per vedere la sua di sposa, ma non la trova in casa e le ancelle gli riferiscono che s'era recata, affranta e affannata, alle mura, portandosi dietro la balia col bimbo. Quando si avvicina alle mura lei, Andromaca, gli viene incontro correndo ed ha inizio la scena madre di questo Libro.

Andromaca appare come una donna fragile che da troppo tempo si costringe a farsi forza, che tra le lacrime ricorda ad Ettore come lui, il suo sposo, rappresenti tutto ciò che ha, perché Achille ha ucciso tutta la sua famiglia. Lo implora di restare, di non rendere lei vedova e orfano il bambino. Ettore le risponde che anche lui pensa ogni giorno a queste stesse cose, ma che non può comportarsi da codardo e abbandonare i compagni e che non lo fa tanto per la gloria, per rendere onore al signore Priamo e tantomeno ai fratelli: ma soprattutto per lei, che se gli Achei avessero la meglio se la prenderebbero e porterebbero via come schiava, e ad Argo sarebbe costretta a tessere la tela per qualcun altra e a portare l'acqua, mentre qualcuno indicandola avrebbe detto quella era la moglie di Ettore, il più forte tra i combattenti Troiani, e lei avrebbe provato ogni volta uno strazio nuovo. No, le dice Ettore, lui deve combattere e che muoia prima di sentire le grida o vedere il rapimento della sua Andomaca braccio bianco. Poi la tenerezza di Ettore si sposta sul bambino, che tutti chiamavano Astianatte, il quale però si spaventa per l'aspetto del padre. Ettore e Andromaca sorridono dolcemente, Ettore si toglie l'elmo e alza il bimbo al cielo chiedendo ai numi di proteggerlo, di farlo crescere sano e più forte di suo padre. Rimesso il piccolo tra le braccia della madre, Ettore deve salutarli. Accarezza Andromaca e s'intenerisce a vederla sorridere tra il pianto. Lei si avvia verso casa, voltandosi molte volte, senza smettere di piangere.

Ettore viene raggiunto da Alessandro, ed insieme si incamminano di nuovo verso il campo di battaglia.

Congedo di Ettore da Andromaca alle porte Scee
David Allan



3 commenti:

  1. Questo è senza dubbio uno dei canti più letti e amati, anche se incredibilmente ritenuto quello in cui Ettore dà l'ultimo addio alla sposa (si scontrerà infatti con Aiace Telamonio, non con Achille, che lo attende ben più avanti). Un aspetto a mio avviso poco pubblicizzato è il rapporto fra Ettore ed Elena, di cui, come hai evidenziato, emerge già qui l'importanza: se ad Elena si riconoscesse maggiormente la capacità di autocritica (vede che Paride è tutto fuorché un eroe e biasima spesso la propria condotta) smetteremmo di vederla come l'adultera svergognata contrapposta ad Andromaca ma inizieremmo a provare pietà per una delle tante donne vittime dei capricci e dei giochi delle divinità.

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    1. Infatti io non la vedo assolutamente così: purtroppo le donne non è che godessero di qualcosa come la libertà di scegliere, tant'è che finivano per esser parte dei bottini di guerra. Quindi non capisco perché guardare ad Elena con quest'idea, quando alla fine è stata una semplice pedina tra le mani altrui. Anzi finora mi sta piacendo molto proprio perché la trovo una donna schietta, sia in questo passaggio che quando parla direttamente a Paride dicendogli che se continua così, morirà sotto la lancia di Menelao. Neanche mi viene - almeno per il momento - di contrapporla ad Andromaca: sono donne che hanno avuto un destino diverso, e mica si può biasimare quella a cui è andata peggio.
      Grazie di essere intervenuta!

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    2. Grazie a te dello spunto e della partecipazione a questa alleanza "pro eroine del mito ingiustamente infamate" (causa a cui, come avrai capito, tengo molto)!

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