Tutta la notte il saggio Zeus meditò mali per loro,
tuonando paurosamente; verde terrore li prese,
il vino dalle tazze versarono in terra, nessuno
volle bere prima d'aver libato al potente Cronide.
E poi si stesero ed ebbero il dono del sonno.
E dunque, Ettore e Paride tornano sul campo di battaglia e con rinnovato vigore riescono a far cadere diversi valorosi soldati Achei. Vedendoli compiere un simile massacro la dea Atena non esita a balzar giù dall'Olimpo, ma Apollo - che sta dalla parte dei Troiani - le corre incontro e si trovano l'uno di fronte all'altra presso "la quercia". Apollo chiede ad Atena se non fosse meglio, per quel giorno, metter fine alla battaglia; Atena si mostra d'accordo, il suo intento era pressoché lo stesso, ma gli chiede cosa faranno per indurre i soldati a metter giù le armi. Apollo suggerisce di indurre Ettore a sfidarsi in duello, da solo a solo, con uno degli Achei, e Atena si lascia persuadere.
Perciò Eleno, caro figlio di Priamo, sentendo in cuore il piano divino si fa subito vicino ad Ettore per comunicarglielo e egli gioisce al solo ascoltarlo. Si fa strada tra i propri compagni brandendo l'asta, per placarli e farli sedere; lo stesso fa Agamennone e intanto Atena e Apollo arco d'argento / si posarono, simili a uccelli rapaci/in cima all'alta quercia del padre Zeus egìoco: non è la prima volta che Omero assimila le divinità alle figure animali e questo, ho letto nelle note, è un rimasuglio dell'antica credenza che gli dèi appariscano proprio in forma animale. Comunque sia, questa loro descrizione mi ha colpita più di quanto abbiano fatto le precedenti, lasciandomi subito immaginare la dea Atena ed il dio Apollo che si acquattano in silenzio, in attento ascolto, per osservare che piega prenderà il loro progetto.
Ettore inizia a parlare in mezzo a tutti gli uomini seduti, invitando uno qualunque di loro a sfidarsi faccia a faccia con lui. Le condizioni son simili a quelle poste per il duello tra Paride e Menelao, chi vince riavrà Elena ed i beni, ma aggiunge il dettaglio di aver comunque il rispetto di restituire il cadavere di chi perderà, affinché i compagni possano seppellirlo tra la sua gente. Gli Achei restano immobili, in silenzio: di rifiutare arrossivano e d'accettare temevano. Si alza allora Menelao, dando a tutti dei codardi ed offrendosi per il duello. Omero torna ad usare la seconda persona per parlare a Menelao (che abbia una predilezione per questo personaggio?) spiegandogli che la sua vita sarebbe finita sotto le mani di Ettore se i capi degli Achei non l'avessero fermato; è soprattutto il fratello Agamennone a farlo ragionare, ricordandogli che lo stesso Achille - che pure è molto più forte di Menalo - teme di battersi con Ettore. Menelao a quel punto si placa e rinuncia, ma non è l'unico a provare amarezza per la debolezza che tutti loro stan dimostrando: si alza infatti a prendere la parola l'anziano Nestore, il quale per sottolineare il proprio pensiero ricorda le gesta di Achei tanto più forti e coraggiosi che aveva visto coi suoi occhi molti anni prima, e porta ad esempio anche se stesso in gioventù, rimpiangendo di non aver ora le stesse forze di allora, che mai l'avrebbero trattenuto dal battersi con Ettore.
Dopo il suo discorso tra gli Achei si alzano in nove, tra i quali Agamennone, gli Aiaci, Diomede ed Odisseo, tutti pronti a farsi avanti. Allora tirano a sorte, e la sorte sceglie Aiace, come un po' tutti avevano in realtà sperato. Ecco, Aiace oggi verrebbe sicuramente rappresentato degnamente da un disegnatore della Marvel, perché viene proprio descritto come un super eroe - o almeno, questa è l'immagine che è arrivata a me, quando si fa avanti accettando il proprio destino: così mosse, Aiace gigante, la rocca degli Achei / ghignando con viso tremendo, tanto spaventoso che lo stesso Ettore sente il cuore balzargli nel petto mentre lo vede avvicinarsi portando lo scudo come una torre. Poi, come succede la maggior parte delle volte, il duello è preceduto da uno scambio di battute in cui Aiace tira in ballo Achille, definendolo cuor di leone ma ozioso, che se ne sta ancora tra le navi irato con Agamennone; ebbene, dice Aiace, Achille non è certo l'unico in grado di confrontarsi con Ettore, e se ne accorgerà presto.
Tra tutti i combattimenti di cui ho letto sinora, questo è stato uno di quelli che mi ha coinvolta di più: Ettore ed Aiace sembrano veramente due montagne, due titani, uno scontro del quale la fine non è prevedibile. In realtà si tratta di uno scontro che non porterà a nulla: dopo che Aiace riesce a mettere due colpi a segno, gli araldi - uno troiano e l'altro acheo - accorrono quando ormai si stavano sfidando da vicino per fermarli, perché ormai sta scendendo la notte ed è buono obbedire alla notte. Aiace non ha intenzione di passare per uno che si tira indietro, perciò dice di far decidere ad Ettore e se lui ritira la spada, altrettanto farà anche lui. Ettore trova saggio metter fine al combattimento, almeno per quel giorno, e poi riprenderanno finché un dio non deciderà di dividerli dando la vittoria all'uno o all'altro; propone addirittura di separarsi da amici, scambiandosi un dono: gli cede la sua spada con tutto il fodero, ed Aiace lo ricambia con la fascia splendente di porpora.
Ognuno torna allora dai suoi. Agamennone, per festeggiare la salvezza di Aiace, sacrifica un toro di cinque anni e tutti banchettano abbondantemente. Finito di mangiare Nestore ha una proposta da fare, ovvero chiede se non pensano che sarebbe giusto, visto quanti loro soldati han perso la vita, fermarsi un attimo per raccogliere i corpi, portarli presso le loro navi e qui arderli in disparte. Ovviamente tutti son d'accordo.
Nello stesso momento anche a Troia tutti i soldati sono raccolti in assemblea e tra loro è il saggio Antenore a parlare: egli non riesce a reprimere ciò che veramente pensa, e dice chiaramente che dovrebbero restituire agli Achei Elena e tutti i beni, anche perché ormai stanno combattendo per aver violato i patti stabiliti prima del duello tra Paride e Menelao, e di sicuro non ne trarranno mai nulla di buono; al che Paride subito si alza a controbattere, dicendo che non ha problemi a restituire i beni ma certo non ha intenzione di rinunciare ad Elena. Al che prende la parola Priamo, proponendo di mandare uno di loro, Ideo, all'alba dagli Achei, per proporre loro la restituzione dei beni ed anche se concordano a cessare la battaglia per avere il tempo di raccogliere ciascuno i propri morti.
All'alba Ideo si reca alle navi achee e riferisce il messaggio (maledicendo, tra l'altro, apertamente Paride). E' Diomede a rispondere per tutti, dicendo che i beni di Paride nessuno li accetterà; Agamennone conferma, ma è ben lieto d'accettare la sospensione della lotta, come anche loro avevano pensato di fare. Quindi dall'una e dall'altra parte tutti si occupano di raccogliere chi i corpi e chi la legna.
In questo passaggio Omero si ferma a descrivere il paesaggio, facendomi rendere conto che forse non l'aveva mai fatto prima. Ed è una descrizione bellissima:
E il sole di nuovo colpiva le campagne,Quando gli Achei si raccolgono attorno alla pira, non è ancora l'aurora, ma notte appena schiarita. Mentre loro sono impegnati a costruire un muro che protegga loro e le loro navi e ad occuparsi dei compagni morti, abbiamo l'occasione di gettare un occhio anche sull'Olimpo, vedendo ora più che mai quanto gli dèi si comportino davvero da bambini capricciosi: Poseidone se la prende perché gli uomini, impegnati nelle loro faccende, sembrano essersi dimenticati di loro; Zeus gli dice che uno con la sua potenza non dovrebbe preoccuparsene ma gli dice anche di non esitare a spazzar via quel muro che si sono impegnati a costruire non appena se ne andranno con le loro navi. E quando, alla fine della giornata e ad opera finita gli Achei si riuniscono per godersi del buon vino, Zeus li fa tremare tuonando paurosamente.
su dal profondo Oceano che scorre quietamente,
salendo verso il cielo, ed essi s'incontrarono.
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Suicidio di Aiace Telamonio |
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