La mite è un testo breve, solo 72 pagine divise in due capitoli, a loro volta scomposti in diversi paragrafi; nonostante questo è un testo che non si divora in una sessione di lettura - almeno per quanto mi riguarda - ma che va letto lentamente, dando il tempo ad ogni frase di venir compresa, giudicata, digerita. Questo perché il narratore è un uomo la cui moglie giace morta, suicida, sul tavolo e lui tenta ben poco lucidamente di spiegare e spiegarsi la vicenda, tutta, da capo, dalla prima volta che aveva visto la mite. Lei era apparsa un giorno davanti al suo banco dei pegni, e dopo di allora molte altre volte ancora, cercando di ricavare qualcosa dai suoi poveri e pochi beni per potersi permettere di pubblicare degli annunci sui quotidiani nella disperata ricerca di un'occupazione che la togliesse dalle grinfie di due vecchie zie per le quali era un peso e quasi una schiava. Lei ha soltanto sedici anni, lui più del doppio, eppure non si fa scrupoli a farsi avanti e decidere ad un certo punto che l'avrebbe presa come moglie.
Il monologo dell'uomo ormai vedovo è tutt'altro che chiaro e lineare: egli parla in maniera confusa, ritrattando spesso le sue versioni dei fatti, ponendo in continuazione domande e senza mai dare (e darsi) una risposta. Si rivolge ora a se stesso, ora al lettore, ora persino ad un immaginario giudice che lo incolpa della morte della giovane sposa. Intanto, mentre lui tratta e ritratta la sua e la loro storia, quel che emerge chiaramente è l'immagine di questa giovane donna etichettata erroneamente come mite - o, come suggerisce la traduttrice Patrizia Parnisani, remissiva - forse tanto mite non era. Il suo carattere viene fuori già dagli sguardi che lancia quando si sente in qualche modo offesa, poi da piccole abitudini come il battere di un piede sul pavimento, sino ad episodi ben più forti, ultimo dei quali l'estremo gesto di togliersi la vita gettandosi da una finestra - un gesto cruento, mitigato soltanto da un'immaginetta sacra stretta al petto prima del salto nel vuoto.
Ad essere onesta, è stata una lettura che non mi ha coinvolta del tutto, perché ogni tanto ho corso il rischio di annoiarmi. Il racconto sussultorio di quest'uomo ambiguo non è facile da seguire e lui è senz'altro un soggetto piuttosto spiacevole; ma tra le righe s'intravede l'immagine di lei, della mite, che purtroppo non parlerà in prima persona eppure risulta lo stesso la colonna portante del testo. Per lei è impossibile non provare compassione, giovane vittima della povertà e dell'assenza di prospettive, che arriva a preferire la morte ad una vita infelice. Nonostante Dostoevskij non faccia mai di lei vere e proprie descrizioni, mi restano frammenti chiari e molto forti dei suoi occhi, dei suoi sorrisi tutti da interpretare, di quei suoi piccoli gesti che sembrano casuali e che invece contengono interi sentimenti, come il canticchiare distrattamente una canzone.
Ciò che più trovo interessante, però, sono le premesse da cui Dostoevskij trae le mosse per scrivere La mite. Il racconto appare per la prima volta nel novembre del 1876 nel Diario di uno scrittore, divenuto un vero e proprio mensile; nel corso di quello stesso autunno si era verificato un numero considerevole di suicidi, tutti al femminile, che avevano fortemente colpito lo scrittore russo. Tra questi, uno in particolare, quello di Màr'ja Borìsova, sarta di professione, giunta a Pietroburgo da Mosca contando soltanto sulle proprie forze; Màr'ja un giorno, disperata, si butta dall'abbaino di una casa a sei piani, stringendo al petto un'immagine della Madonna.
Scrive Dostoevskij:
"Questa creatura mite, che si sopprime,
tormenta involontariamente
il mio spirito."
Il monologo è poi interessante per la scelta stilistica: Dostoevskij lo scrive utilizzando il tono stenografico, uno stile a cui per primo diede una definizione e di cui resta maestro indiscusso. Scrive il monologo ipotizzando che nella stessa stanza con l'uomo che parla ci sia uno stenografo che batte ogni singola parola da lui pronunciata. Il risultato sarebbe proprio confuso e inframmezzato come quello che La mite ci riporta. Dostoevskij cita come esempio recente di un simile modo di narrare Victor Hugo col suo Ultimo giorno di un condannato a morte, nel quale l'autore francese forse non immagina la presenza di uno stenografo, ma ipotizza che vi sia la possibilità, per un condannato a morte, di scrivere ogni suo singolo pensiero sino all'ultimo secondo della sua vita.
Per tutti questi motivi, al di là del coinvolgimento personale, trovo La mite un libro estremamente forte ed interessante, denso di significati nel suo esiguo numero di pagine. Un libro che consiglio ai tanti appassionati lettori di Dostoevskij ma anche a chi invece ancora non si è avvicinato a questo colosso della letteratura: proprio per la sua brevità, La mite è un punto di partenza più semplice, che permette tuttavia di approcciarsi alla penna di quest'autore iniziando a conoscere il suo modo d'intendere e di fare la letteratura.
Come sempre, attendo le vostre opinioni nei commenti: avete letto questo testo o, come me, ne ignoravate l'esistenza? Cos'altro avete letto del Dosto? E' un autore che vi piace oppure no?
Alla prossima!
Non conoscevo questo libricino, molto interessante. Dostoevskij mi affascina sempre molto, Le notti bianche è un'opera altrettanto "piccina" che ho adorato.
RispondiEliminaSì, ho letto anch'io Le notti bianche e mi era piaciuto. Questo è molto diverso sia per i temi che per i toni ma vale la pena leggerlo :)
EliminaI grandi scrittori russi mi affascinano da molto ma ancora non sono riuscita a dedicarmici. Questo breve racconto mi incuriosisce molto, non credo sarà il primo che leggerò ma sicuramente prima o poi lo farò :) Grazie per la tua bella recensione!
RispondiEliminaFigurati, grazie a te per averla letta!
EliminaAnch'io ho ancora letto ben poco dei russi, ma conto pian piano di recuperare :)
Nuovo libro da inserire nella lista 😁
RispondiEliminaCiao, grazie per aver letto il mio commento :) lieta di averti suggerito un nuovo titolo, spero si rivelerà una lettura utile!
EliminaBellissima recensione di un libro di cui avevo sentito parlare già una volta, se non sbaglio. Mi è piaciuto molto come ne hai parlato, soprattutto perché questo 2017 sarà l'anno in cui finalmente inizierò a leggere Dostoevskij - lo spero - e quindi sto raccogliendo idee e suggerimenti. Grazie, un bacione :)
RispondiEliminaGrazie a te per essere passata e del commento! Io, nel 2017, spero di continuare la conoscenza di quest'autore, di cui in realtà ho ancora letto ben poco. Ho l'ambizione di leggere almeno i romanzi in ordine cronologico, speriamo di farcela ^^
EliminaUn bacione anche a te!
Io di Dostoevskij, per ora, ho letto solo I fratelli Karamazov e Delitto e castigo. Entrambi mi sono piaciuti molto, ma certo lui è un autore che viene difficile digerire e i suoi libri sono sempre dei mattoni, da maneggiare e da incamerare. Insomma, lo leggo a piccole dosi e l'ultimo risale a settembre, troppo poco tempo faxD
RispondiEliminaLa mite, però, mi attira. Un po' perchè è molto breve, un po' perchè è Dostoevskij che, nonostante tutto, è magistrale nel delineare i suoi personaggi e nell'insozzarsi le mani nella loro psicologia contorta. Mi piacerebbe, però, leggermi una biografia di Dostoevskij, prima di gettarmi su un altro romanzo - o racconto lungo. Non è che hai qualcosa da consigliarmi?
Purtroppo no, non mi è mai capitato di leggere una sua biografia! In wishlist ho soltanto Il Male Assoluto di Pietro Citati, edito da Adelphi, in cui il grande critico analizza alcuni romanzi cardine dell'Ottocento soffermandosi molto anche su Dostoevskij, in particolare su Delitto e castigo. Avevo intenzione di leggere i romanzi di cui parla prima di buttarmi su questo saggio, ma tu che l'hai già letto potresti farci un pensierino ^^
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