Siamo in Cile, nel 1969. Mario Jimenez ha diciassette anni,
è nato e cresciuto nella caletta di Isla Negra, i cui abitanti – compreso suo
padre – sono tutti pescatori. La pesca sarebbe il naturale destino anche di Mario,
che tuttavia ha ben poca voglia di lavorare ed è tanto incline ai raffreddori
che spesso si esenta dall’andare in mare ad aiutare suo padre, il quale, più di
una volta, gli intima di trovarsi un altro lavoro. Le giornate di Mario
trascorrono tra il cinematografo, dove si infatua di un’attrice dopo l’altra,
ed i pigri vagabondaggi in sella alla sua bicicletta, l’unico vero bene
materiale che possiede. In una di queste giornate come tante, gli capita di
leggere “cercasi postino” davanti
all’ufficio postale e senza tanti indugi il giovane entra e si propone per il
ruolo. La prima cosa che gli viene detta è che per fare quel lavoro ci vuole
una bicicletta – ce l’ho!, risponde
Mario entusiasta – e poi che la paga è una miseria – va bene lo stesso,
risponde Mario.
La paga è una miseria perché gli abitanti di Isla Negra son
tutti analfabeti, a ricevere posta è uno soltanto: il poeta Pablo Neruda. Mario
è emozionato all’idea d’incontrarlo, compra subito una copia delle sue Odi elementari sognando di ricevere dal
poeta una dedica affettuosa, intima, tanto importante da rendere la sua copia
unica e speciale; ma le cose non vanno subito così, perché durante i primi
incontri la timidezza ha la meglio, e Mario non riesce a far altro che
consegnare la posta e, scambiato un frettoloso saluto, vedere il poeta
rientrare in casa. Quando riesce infine a farsi coraggio e consegnare a Neruda
il libro, chiedendogli una dedica, il poeta si presta con la gentilezza che
riservava a tutti, ma si limita ad un generico: cordialmente, Pablo Neruda.
Ciò che consentirà a Mario di tirar fuori la faccia tosta
per riuscire a parlare di più col poeta sarà l’innamoramento repentino per
Beatriz Gonzalez, figlia dell’ostessa di paese. Mario Jimenez ha ora bisogno di
una guida che gl’insegni a cantare l’amore, a trovare il modo di dire tutte
quelle cose che gli bruciano dentro, che lo aiuti a trovare la forma adatta per
far capire a Beatriz l’entità dei suoi sentimenti e renderla finalmente sua.
Neruda in un primo momento vuole trarsi d’impaccio, non vuole avere a che fare
con storie che non lo riguardano, eppure nei modi in cui cerca di mandar via il
postino s’intravede subito la gran simpatia che quel giovane energico e
frizzante riesce a suscitargli. Tant’è che, nonostante tutto, insegna a Mario
cosa sono le metafore, lascia che rubi i suoi versi per elogiare la bellezza di
Beatriz e diventa per Mario non soltanto un mentore, ma anche un grande amico
che né la distanza né il tempo allontaneranno mai.
Il postino di Neruda
è uno di quei rarissimi casi in cui un film supera di gran lunga il libro da
cui è tratto. Ho visto Il postino una
sola volta, diversi anni fa, ma è bastata per innamorarmene
incondizionatamente, tanto che mi sembra d’averlo visto ieri, per quanto è vivo
il ricordo. L’opera di Skarmeta conta appena 120 pagine, deliziose, leggere ma
senza dubbio troppo poche per rendere tutta la bellezza che ha invece saputo
trasmettere il film di Troisi, che mentre leggevo non riuscivo proprio a
togliermi dalla testa. Non riuscivo a non vedermi davanti il viso dell’attore
più straordinario che il nostro Paese possa vantare, il suo volto luminoso,
quegli occhi innocenti, il sorriso radioso che hanno attribuito al personaggio
di Mario la freschezza e l’ingenuità di un bambino; nel film, il percorso di
Mario da giovane semi-illetterato ad amante della poesia è di una sensibilità
che spacca il cuore e la costruzione della sua amicizia con Pablo Neruda è
molto più lenta e, di conseguenza, più interessante e più profonda. Il postino, soprattutto grazie
all’interpretazione indimenticabile di Massimo Troisi, è emozionante come poche
altre storie; Il postino di Neruda,
invece, è un libro carino. I suoi pregi sono l’idea e la storia, i personaggi,
ed anche i particolari accostamenti di parole scelti dall’autore, che spesso
spiccano in mezzo ad una generale aura di semplicità.
Per essere un gran bel libro, forse Skarmeta non doveva far
altro che dedicargli più tempo e più pagine, lasciare più spazio ai suoi
personaggi, dando la possibilità al lettore di godersi un nascere di rapporti e
sentimenti – nonché l’evoluzione del protagonista – ben più lentamente di così.
Io ho trovato questo volumetto ad una bancarella, mi è
costato due euro e a leggerlo ci ho messo un’oretta; pertanto se lo avete in
casa, ed una sera non sapete cosa fare, non esitate a prenderlo in mano. Ma se
ancora non avete avuto nessun contatto con questa storia, non ho dubbi:
lasciate stare il libro per il momento, e correte ad estasiarvi davanti al
Mario di Massimo Troisi ne Il postino.
- Però se fossi poeta potrei dire quello che voglio.
- E che cos'è che vuoi dire?
- Be', il problema è proprio questo. Siccome non sono poeta, non lo so dire.
Dici bene, estasiarsi davanti al film, che ne è un'ottima trasposizione. Uno dei rari casi in cui il film, probabilmente, supera la bellezza del romanzo. Tu che ne pensi?
RispondiEliminaAssolutamente d'accordo, l'ho scritto anche nel post che si tratta proprio di uno di quei rarissimi casi, forse l'unico in cui mi sono davvero imbattuta sinora ^^
EliminaLessi il libro diversi anni fa, poco dopo aver visto il film, e ricordo che anche a me era piaciuta di più la pellicola, ogni tanto succede! Anche la colonna sonora la trovo bellissima :)
RispondiEliminaSì, è vero. Trovo tutto perfetto in quel film ^^ infatti visto che di solito il libro è meglio mi aspettavo molto di più. Ma non è stata una delusione, va bene così :)
EliminaUna storia molto bella, non ho letto il romanzo ma il film è davvero stupendo :)
RispondiEliminaAssolutamente sì!
EliminaHo il libro in casa, ma come te ho visto (e amato molto) prima il film. Rimango curiosa, ma in effetti non sei la prima persona cui sento fare questo commento.
RispondiEliminaBe', visto che ce l'hai in casa e che si legge in un attimo la curiosità toglitela pure! Poi mi dirai che impressione hai avuto tu :)
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