Da qualche settimana, invece, sono luoghi inscindibili. Lo sono diventati un po' per volta, all'improvviso, intanto che il tintinnio dei braccialetti di Greta si sommava ai paesaggi dipinti da Einar e nell'aria si diffondeva il profumo di latte e menta emanato da Lili. Questi suoni, queste immagini, questi odori sono accaduti uno per volta, e poi hanno cominciato a coesistere nei corridoi di certe case, nelle strade di molti posti, simultaneamente e per sempre. Quella fragranza di latte e menta è stata sentita per la prima volta in un appartamento di Copenhagen, anche se era nata parecchi anni prima in una palude in un posto sperduto della Danimarca. E' diventata sempre più preziosa frizzando nelle romantiche sere parigine ed a Dresda c'era un uomo con delle bacchette magiche che avrebbero fatto in modo che quel profumo così delicato e riconoscibile non sarebbe svanito più. Lili, non sarebbe svanita più. Il tintinnio dei braccialetti invece veniva da Pasadena, ma aveva scoperto un'acustica migliore nella capitale danese, dove divenne inseparabile prima da Einar e dai suoi paesaggi, poi da Lili e dal suo profumo di latte e menta.
Lasciate che vi racconti una storia.
C'era una volta Einar Wegener, che viveva a Copenhagen e dipingeva solo paesaggi. L'Europa li apprezzava, concedendo al suo autore una discreta fama ed un ottimo stipendio. Benché fosse piuttosto giovane e la sua carriera da poco decollata, Einar insegnava già all'Accademia d'arte, dove un giorno arrivò tra i suoi studenti Greta Waud. Era giovane, determinata, veniva dall'America ed aveva una spina dorsale da cowboy. Greta dipingeva solo ritratti, era brava ma non eccellente e un giorno prese tra le mani il viso di Einar - che era il suo professore - e lo baciò. Non ci fu molto tempo per soppesare i pro ed i contro di un'eventuale relazione, perché la prima guerra mondiale stava per sconvolgere l'Europa ed i genitori di Greta la costrinsero a tornare in America con loro. Greta odiava l'America, o per lo meno odiava Pasadena, dove il cognome che portava pesava di aspettative e destini prestabiliti cui lei era decisa a non piegarsi. Campi di aranceti, da lì venivano i soldi ed il prestigio dei Waud, terre e alberi che producevano arance grosse e succose. Da Greta ci si aspettava quello che facevano le altre ragazze della sua età: un marito di buona famiglia, una bella casa ed un adeguato numero di figli, cui dedicare il resto della vita tra conversazioni sterili, svaghi inutili e i pomeriggi di pioggia passati a fare l'uncinetto. Su Greta gravava ancora lo scandalo di essersene andata a zonzo sul carretto del giovane salumiere quando era una ragazzina, ecco quanto era stupido e piccolo quel posto, ecco perché era stato così salutare per lei muoversi nell'aria fredda di Copenhagen, dove nessuno la conosceva e tutti erano pronti a perdonare ogni stravaganza in virtù del fatto che era un'americana. Inchiodata di nuovo a Pasadena, Greta si aggrappò a quel bacio lasciato tra le labbra di Einar, sicura che la distanza e la guerra non potessero impedire ad un destino che era già scritto di compiersi. Lui però era molto più passivo e timoroso di lei ed in uno dei pochi pezzi di carta che riuscirono a travalicare l'oceano le scrisse che date le circostanze, probabilmente non si sarebbero visti mai più. Greta costrinse il boccone amaro a scenderle nello stomaco, e poi si diede da fare per trarre il meglio da quella che ormai era la sua vita. Conobbe un ceramista, all'inizio solo per svago, ma poi se ne innamorò perdutamente - perché Greta sapeva amare solo a quel modo, perdutamente - si sposarono sotto gli sguardi perplessi di tutti, ebbero un figlio che nacque morto e più tardi morì anche il ceramista a causa della tubercolosi, esalando l'ultimo faticoso respiro tra le braccia di Greta. Lei allora non perse un minuto, fece le valigie e salpò alla volta della sua casa scelta, la Danimarca. Quando si trovarono di nuovo faccia a faccia, lei ed Einar - che nel frattempo aveva condotto la stessa vita di prima, solitario, insegnando e dipingendo - non ebbero altra scelta che sposarsi. E così trovarono l'appartamento che faceva al caso loro, a due passi da Nyhavn, dove lui dipingeva solo paesaggi, lei dipingeva solo ritratti.
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Landscape with Poplars Einar Wegener, 1908 |
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Lili with Feather Duster Gerda Wegener, 1920 |
Lo stile di David Ebershoff non mi ha colpita particolarmente, ma non posso dire nemmeno che mi sia del tutto dispiaciuto. A dispetto delle sue oltre 300 pagine, il libro si è fatto divorare in tre giorni scarsi, segno se non altro di grande scorrevolezza e - ovviamente - di una storia che una volta che ci sei dentro non vuoi più mollare. La vicenda di Lili mi ha preso moltissimo, l'ho seguita ovunque, da sola con la sua valigia, sotto la pioggia e in notti fredde in città sconosciute. Ho avuto paura per lei, ho avuto i brividi davanti alle diagnosi dei medici sbagliati, ho provato sollievo ascoltando quell'uomo venuto da Dresda che prometteva miracoli, ho sentito come se fosse il mio il peso che si scioglieva nel petto sentendo le parole "ne ho incontrato un altro come lei".
The Danish Girl è un romanzo che non posso fare a meno di definire bellissimo e che merita di essere letto se non altro perché racconta una vita che ha segnato la storia, aprendo una strada, dando una possibilità a persone che fino a quel momento credevano di non averne. Sarei folle se vi svelassi l'epilogo, ma anche quello mi ha convinta pienamente, colpendomi forte e lasciandomi piena di amarezza. Perché era andato tutto bene, se solo l'essere umano avesse riconosciuto il limite, se non avesse peccato di arroganza, se non avesse commesso l'errore di Icaro.
Terminata la lettura mi sono fiondata - finalmente! - a vedere il film, che desideravo guardare da quando era uscito e che rimandavo proprio perché prima dovevo necessariamente leggere il libro (bibliofili, siete con me?). Mi son trovata davanti ad uno di quei scomodi casi in cui bisogna convincersi a pensare che libro e film, pur raccontando la stessa storia, sono due cose diverse, ugualmente belle. La trasposizione cinematografica, con l'atmosfera degli anni Venti e Trenta e soprattutto con la bravura degli attori, tiene gli occhi incollati allo schermo. Eddie Redmayne nei panni di Einar Wegener e di Lili Elbe è una poesia umana, le sue espressioni ed i suoi movimenti sono un capolavoro e vale senz'altro la pena vedere il film solo per questo. Non posso negare però di esser rimasta piuttosto delusa da come hanno stravolto la figura di Gerda, almeno rispetto al romanzo: è vero che resta accanto ad Einar/Lili, ma lo fa ribellandosi a quanto sta accadendo, versando lacrime e lasciando straripare la sua sofferenza - tutte cose che, la Greta d'acciaio del romanzo, non si sarebbe mai sognata di fare. Vengono meno anche i suoi saldi principi, come il suo non sognarsi nemmeno di guardare un altro uomo finché era ancora sposata, nonostante suo marito non fosse più suo marito. Anche il finale è ben diverso dal libro, ne manca un'intera parte che lo rende forse più triste e molto meno amaro. Anche se avete visto il film e pensate quindi di conoscere questa storia, il mio consiglio è di leggere comunque il romanzo perché molto diverso.
Sei sempre stata più brava di me a fare ritratti.
Divento come mi vedi.
Mi hai fatta bella, e ora mi fai forte...
Quanto potere c'è in te.
Mi hai ricordato che ce l'ho in libreria da anni. :)
RispondiEliminaBeh, spero vivamente che oltre ad averti ricordato di averlo, la mia recensione ti abbia spinto anche a tirarlo giù dallo scaffale! ^^
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