domenica 3 febbraio 2019

La donna in bianco, Wilkie Collins

Walter Hartright cammina indisturbato, perso nei suoi pensieri. Sono tanti in quella tiepida notte londinese, proprio per questo ha scelto un tragitto più lungo del necessario per tornare al suo appartamento dopo la consueta visita al villino di sua madre e sua sorella. Ha scelto una strada più lunga, un isolato tratto dall'aspetto campestre, proprio per poter camminare e macinare assieme ai passi quei pensieri sull'immediato futuro che gli frullano confusi nella testa. Quella sera, a casa della madre era presente anche un amico di vecchia data, il professor Pesca, un italiano piccolo e pittoresco che nella capitale inglese insegna la sua lingua madre. Pesca, coi suoi modi sopra le righe, non stava nella pelle dalla felicità: aveva finalmente trovato un modo per ricambiare un antico favore ricevuto dal buon Walter, e per il quale non aveva mai smesso di sentirsi fortemente in debito. La risoluzione di tale debito morale, da parte di Pesca, consisteva in un'allettante offerta di lavoro. Walter Hartright, infatti, come il proprio defunto padre, è un insegnante di disegno, e Pesca gli ha trovato un ottimo ingaggio presso Limmeridge House, dove dovrà curare una certa collezione del proprietario di casa, ed insegnare l'arte dell'acquerello a due giovani signorine.

La durata dell'impiego e la paga prevista sono talmente buone che la madre e la sorella di Walter, ascoltando il profluvio di parole di Pesca che mostra con orgoglio cosa è riuscito a fare, si lasciano andare ad applausi, esclamazioni di gioia e quasi alla commozione, con estrema soddisfazione del professore d'italiano; Walter, invece, pur rendendosi conto di quanto sia sciocco da parte sua, sente subito una punta di repulsione, come se il suo istinto gli dicesse di non accettare. Tuttavia, una proposta di lavoro come quella non capita tutti i giorni ad un giovane e modesto maestro di disegno e, visto anche l'entusiasmo dei suoi cari, non può proprio permettersi di rifiutare; così accetta, e deve già fare i preparativi per l'imminente partenza. Si concede però quella passeggiata solitaria, guidato dalla luce di una luna lontana, per interrogarsi sulle proprie sensazioni e cercare di scendere a patti con se stesso ed il proprio dovere.

Le sue meditazioni vengono improvvisamente interrotte da un tocco, breve e deciso, sulla sua spalla. Nonostante Walter non avesse udito dei passi dietro di sé, né avesse percepito in alcun altro modo la presenza di qualcun altro lungo la strada buia e deserta, voltandosi sorpreso e spaventato scopre una donna sola e visibilmente agitata. Se non fosse proprio che ella appare impaurita e spaesata, Walter si lascerebbe probabilmente prendere dall'inquietudine - per la stranezza della situazione, per esser stato colto così di sorpresa, per l'aspetto della sconosciuta che un po' scarmigliata ed interamente vestita di bianco sembra quasi un fantasma; ma, da gentiluomo quale egli è, torna subito in sé e cautamente cerca di capire che cosa sta succedendo. La donna, che non gli dirà mai il suo nome, non vuole altro che un'indicazione per raggiungere Londra e la carrozza più vicina, che la condurrà presso la casa di una cara amica che la attende. Leggermente rassicurato, Walter si offre di accompagnarla, e così compiono l'ultimo tratto di strada l'uno affianco all'altra, chiacchierando - quasi - del più e del meno. La donna talvolta fa domande strane, ad esempio ci tiene a sapere se Walter conosce molti baronetti, e diventa chiaro dall'apprensione con cui attende le risposte che sta fuggendo da qualcosa o da qualcuno. Tra quelle chiacchiere casuali, esce dalle labbra della donna anche Limmeridge House, proprio il luogo dove Walter dovrà recarsi il giorno dopo; la misteriosa donna in bianco ricorda giorni felici della sua infanzia presso quel luogo, e l'affetto che ancora oggi nutre per la defunta signora, che era la maestra della scuola e che l'aveva presa sotto la sua ala durante il breve periodo che aveva potuto trascorrervi. L'assurda coincidenza desta tutta la curiosità di Hartright, che tuttavia non riesce a scoprire nulla di più, ed aiutando la donna a salire sulla prima carrozza che trovano una volta arrivati in città è convinto che non la vedrà mai più.

Questo è soltanto l'inizio di una lunga ed avvincente storia, all'interno della quale si incontrano una moltitudine di personaggi tridimensionali ed indimenticabili. A partire dalle signorine cui Walter Hartright doveva impartire le sue lezioni di disegno, Laura Fairlie e Marian Halcombe, due giovani donne, sorelle solo per parte di madre, diversissime in tutto ma legate da un profondo amore.
Laura, delle due, è quella sinceramente interessata al disegno. Consapevole di non essere un grande artista, vuole tuttavia migliorare ed imparare quanto possibile per rendere più belli i suoi acquerelli, e trarre maggior soddisfazione da quel prediletto passatempo; Marian, invece, lo trova appunto un passatempo da signorine perbene e non ne trae alcun vero godimento. Accetta di partecipare soltanto per Laura, per farle compagnia e condividere con lei il proprio tempo ed i suoi interessi.
Delle due, Laura è quella cui la vita ha sicuramente donato di più: la bellezza, e la ricchezza. Lunghi capelli biondi, occhi celesti, una figura in ogni dettaglio femminile e delicata, Laura è la donna angelo cui gli ideali classici ci hanno abituato. E' infatti anche di gusti molto semplici, ha un cuore puro e generoso ed una bontà che traspare dal suo viso e s'intuisce da ogni gesto.
Marian, al contrario, non ha un aspetto attraente, ma compensa con un'acuta intelligenza ed una personalità a dir poco carismatica e - oh, mio Dio! - quanto ho appassionatamente adorato questo personaggio! Il suo temperamento indomito, la sua insofferenza per i limiti posti ad una donna nella sua epoca, contro cui però non si scaglia mai apertamente e con una foga forse inutile, sole piccole allusioni spesso ironiche; la sua grande capacità di osservazione e di comprendere sempre chi ha davanti o cosa la aspetta, il suo coraggio, la sua scaltrezza, e la sua capacità di combattere sino allo stremo delle forze per le persone che ama. Marian è, in una rosa di personaggi ugualmente ben caratterizzati, quella che per me brilla di più, verso la quale son sempre stata più attratta, forse per quella propensione che, da donna, mi fa amare le donne forti ed intelligenti come lei. Una menzione va però fatta anche al conte Fosco, un altro italiano che si distingue per la sua mole gigantesca, per la sua voce baritonale, per la sua infantile passione per i dolci, e per il suo atteggiamento materno verso i suoi adorati animaletti - topolini bianchi e canarini, per lo più. Ma il conte è molto di più di questo, e non c'è altro modo di descriverlo se non con le parole di Marian: si era inevitabilmente attratti da lui, ma allo stesso tempo - fin dal primo incontro - sente la certezza che non lo avrebbe mai voluto come nemico.

Sono molti altri i personaggi che il lettore incontra lungo le quasi ottocento pagine che compongono il romanzo. C'è un Sir Percival, un inutile ed irritante Mr Fairlie, un'infermiera, una governante, Madame Fosco e così via; spingersi a riferire troppo sul loro conto non è possibile, e non è possibile perché i personaggi sono in questo caso strettamente legati al ruolo che svolgono all'interno della storia. Una storia che ha a che fare con un matrimonio, con i soldi (e quando mai non c'entra il vile denaro!), con una serie di inganni e sotterfugi, con misteri appartenenti al passato il cui riverbero intacca il presente, con una vecchia matrona che abita ad Old Welmingham, e dove persino il prete s'inchina passando davanti casa sua...

La donna in bianco è veramente un bel romanzo. E' una macchina narrativa intricata e complessissima, sostenuta però da una scrittura scorrevole e di sconfinata raffinatezza. E' come un maestoso palazzo, in cui una volta entrati si continua a camminare, percorrendo lunghi corridoi, varcando porte che si aprono su scale che salgono e che scendono, in una continuità che sembra non avrà mai fine; eppure, in tutto quel salire e scendere e percorrere stanze e spazi a non finire, non si ha tempo per lamentarsi della tortuosità del percorso o per chiedersi se si arriverà mai da qualche parte: si è troppo costantemente impegnati ad ammirare i complementi d'arredo, la qualità dei tessuti e dei quadri, l'eleganza che distingue ogni singolo dettaglio di quel palazzo che è un rebus su vasta scala. Perciò non ci si annoia mai durante la lettura, anche perché nonostante man mano si scoprano molti pezzi, la figura non si completa del tutto fino all'ultimo ed una volta che ci si è dentro - chiusa alle spalle la porta del palazzo-rebus - non c'è modo né il più fioco barlume di desiderio di tornare indietro. Si desidera soltanto andare avanti e scoprire, sapere, conoscere.

Wilkie Collins è uno dei più prolifici scrittori dell'epoca vittoriana, nonostante arrivi a scoprire il proprio talento e la propria vocazione letteraria soltanto dopo un paio di false partenze professionali: dapprima prova a cimentarsi nel commercio del tè, scoprendo però di non aver alcun fiuto per gli affari; intraprende allora gli studi di Legge, diventa avvocato ma non praticherà mai il mestiere, e le sue conoscenze giuridiche verranno sfruttate solamente all'interno delle sue storie. Quando prende in mano la penna per la prima volta ha ventitré anni, e lo fa per scrivere una piccola biografia in memoria del padre da poco venuto a mancare. Collins scopre in questo modo ciò che veramente vuole fare della sua vita, ed il suo primo romanzo viene pubblicato tre anni dopo, nel 1850. Da quel momento in poi la sua produzione è inarrestabile, soprattutto dopo l'incontro, nel 1852, con Charles Dickens, che lo invita a scrivere sul suo settimanale: Households Words. Tra i due nasce un sodalizio professionale, ma anche di sincera amicizia, che non si interromperà mai. Ed è proprio da questo sodalizio che nasce La donna in bianco, il terzo romanzo di Collins: è lo stesso Dickens, infatti, che lo invita a pubblicare una sua storia a puntate sulla sua celebre rivista All the Year Round, e le vicende di Walter, Laura, Marian e gli altri tennero compagnia ai lettori dal 1859 al 1860 (compiango quei poveretti che dovevano di volta in volta attendere il numero successivo per andare avanti, mi sento male alla sola idea!). La donna in bianco fu la prima opera ad essere definita una sensation novel, un genere che ebbe poi larga fortuna durante l'epoca vittoriana. Oggi, Wilkie Collins è universalmente riconosciuto come uno dei padri del poliziesco, ma secondo me sarebbe molto riduttivo incasellare la sua opera all'interno di un preciso genere letterario. Dentro questo romanzo c'è tutto ciò che si può chiedere ad un buon libro, compresa la critica sociale: nella figura di Marian Halcombe c'è riassunto tutto ciò che Collins pensava della condizione femminile nella sua epoca.

Un'ultima cosa, che ho dimenticato di scrivere prima: il romanzo è raccontato di volta in volta dai personaggi che hanno vissuto o son stati direttamente coinvolti negli eventi. I fatti non sono arrivati in un'aula di tribunale, ma ognuno di loro racconta come se si trovasse a testimoniare davanti ad una giuria - che, di conseguenza, diventa il pubblico dei lettori. Ci si sente direttamente interpellati e coinvolti, come se proprio da noi dipendesse l'esito della storia o le possibili conseguenze. Grazie a questo escamotage narrativo, si ha come risultato anche la variazione di stile e di tono a seconda della voce narrante, che si esprime talvolta con un manoscritto appositamente redatto, attraverso un diario tenuto all'epoca dei fatti, con documenti o con colloqui narrati da altri. Insomma, c'è una varietà di strumenti e di voci veramente ricchissima e ben riuscita, tale da non poter annoiare mai, in nessuna delle tantissime righe che compongono La donna in bianco.

Se non l'avete ancora letto, vi consiglio caldamente di inserirlo tra le vostre letture di questo anno. Per me è stata una lettura avvincente, sinceramente goduta anche in mezzo alle estreme sofferenze di aver per la testa troppe domande a cui trovar risposta; è stato uno di quei libri a cui non riuscivo a smettere di pensare, di cui ad un certo punto ho dovuto macinare pagine a centinaia ignorando tutto il resto, e che quando l'ho finito mi ha fatto pensare "Oh, okay, ora posso tornare a vivermi la mia vita", con quella punta di sano dispiacere nel dover lasciar andare i personaggi cui ormai mi ero affezionata, soprattutto la mia adorata Marian.

Lo so, questo post è davvero molto lungo, perciò se siete arrivati sin qui vi meritate almeno un'ottima tazza di tè. Perdonatemi per non aver tenuto almeno un minimo i miei pensieri a freno, ma un romanzo così vasto - non solo di mole, ma soprattutto di contenuti - non può esser liquidato in fretta e furia e senza tanti complimenti. Fatemi sapere se lo avete letto (sarebbe una gioia perderci a discuterne animatamente nei commenti!) o se, nel caso siate riusciti ad arrivare alla fine di questo mio papiro, vi ho incuriosito abbastanza da prenderlo in mano.

Un abbraccio,

Julia


2 commenti:

  1. Approfitto di questo tuo bel post per rispondere anche al precedente: tu DEVI scrivere. C'è bisogno di persone appassionate di libri, capaci di fare interessanti osservazioni, di "entrare" nelle storie, di argomentare. C'è bisogno di persone come te nella blog sfera. Dai, non latitare più. :)
    Mi interessa questo Collins, che pare sia uno dei prediletti dalla Fazi, che si sa, è un editore molto attento alle proprie pubblicazioni. Il tipo di romanzo di cui scrivi è uno di quelli che avrei amato visceralmente una ventina d'anni fa, quando ancora non lavoravo e mi fiondavo in biblioteca a fare incetta di questi intrecci. A parte che amo la letteratura vittoriana, ho cercato nel tempo autori che non fossero troppo in linea con i gusti dell'epoca, e magari scrivessero manifestando una certa attitudine a far capire al lettore alcune caratteristiche del tempo in cui vive.
    Uno degli aspetti interessanti dell'Ottocento inglese, che noi donne tendiamo ad amare e guardare come a un'epoca d'oro, sono proprio le contraddizioni all'interno della concezione della donna.
    Bisognerebbe approfondire ulteriormente. Un giorno o l'altro dovremmo scrivere un post a due.
    Se vorrai essere ospitata sul mio blog, io mi rendo disponibile. :)

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    1. C'è letteratura più vasta, appassionante ed interessante di quella vittoriana? Io sono di parte, lo so bene, ma tutti gli autori appartenenti a quel periodo che ho letto mi hanno lasciato segni importanti. Questi romanzi corposi, che sanno farci appassionare a vicende tormentate, a passioni travolgenti, a complesse situazioni familiari o economiche, e sanno al contempo raccontarci delle insidie della società del tempo, della condizione femminile, delle condizioni dei ceti più bassi o dei grandi cambiamenti cui si iniziava ad andare incontro. Insomma, io da questo tunnel non ne esco più (e sono ben felice di rimanerci).
      Sì, la Fazi sta pubblicando l'opera omnia di Collins, già si trova una vasta scelta delle sue opere, e sì, la Fazi è ormai diventata sinonimo di qualità. Da quel che mi racconti, La donna in bianco è proprio uno di quei romanzi che andavi a cercare in biblioteca. Se ti venisse voglia di ritrovare quel tipo di atmosfere ed emozioni in un libro, te lo consiglio caldamente :)

      Per la proposta del post a due e dell'invito sul tuo blog... Luz, per me sarebbe un grandissimo onore, dico davvero! Il tuo blog è così pieno di contenuti altissimi, sempre così interessanti, che mi domando se ne sarei in grado. Tuttavia la gioia dell'eventualità di una collaborazione con te spazza via ogni timore, perciò ripeto: ne sarei super onorata! Non ho mai fatto nulla del genere però, quindi non so assolutamente niente di come si costruisce un post di questo tipo. Aspetto tue direttive saltellando da un piede all'altro.

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