lunedì 9 novembre 2015

C'era una volta l'essere umano

Sinceramente, quando mi è capitato di sentire che una persona veniva presentata come web star, star dei social, di instagram o twitter o facebook che fosse non sono riuscita a reprimere un brivido di ribrezzo chiedendomi al tempo stesso cosa diavolo significasse. Cosa fa esattamente una star dei social? Perché lo è diventata, come fa a vivere solo sfruttando le possibilità offerte da questi mezzi, è un lavoro vero? Non ho mai battuto ciglio quando si parla di youtuber di professione perché a mio avviso quella è un'altra cosa: lasciando stare le migliaia di beauty guru tutte uguali e quei canali che praticamente contengono una sfilza di "consigli per gli acquisti", da youtube sono uscite persone che hanno qualcosa da dare a chi guarda, contenuti da offrire, e il lavoro dietro quei video si percepisce subito. Tra gli italiani penso subito a Yotobi, Cane Secco (basta guardare il suo video in collaborazione con Netflix per capire quanta passione c'è nel suo lavoro) e Claudio Di Biagio.

Ma diventare una celebrity sugli altri social?


La ragazza che vedete in questa foto si chiama Essena O'Neill, è australiana ed ha appena diciotto anni. Lei era una cosiddetta star di instagram. Dico era, perché improvvisamente ha deciso di smantellare pezzo per pezzo il suo modesto impero. Foto dopo foto, aveva collezionato migliaia di follower che non mancavano mai di commentare ogni selfie, di sottolineare quanto fosse bella, di venerare qualsiasi cosa tenesse in mano o avesse addosso. Ragazzine che volevano diventare come lei, ragazzi che volevano stare con una come lei; ed Essena sorrideva nelle sue foto, che sembravano sempre scattate quasi per caso, nei momenti qualunque di una vita bella e tranquilla. Ma la vita di Essena non era esattamente così, perché da un giorno all'altro ha deciso di raccontare la verità a tutti i suoi fan, confidando quanto disagio, depressione e pressione ci fossero dietro il suo successo. Le foto che ha scattato o si è fatta scattare per anni erano l'esatto opposto di quel che sembravano: non c'era nulla di spontaneo e naturale, era tutto studiato nel minimo dettaglio, in giornate che ruotavano attorno all'unico scopo di riuscire a fare la foto perfetta. Essena ha iniziato pazientemente a riscrivere tutte le didascalie delle foto sul suo profilo instagram, raccontando cosa davvero era accaduto dietro quello scatto. Sotto una fotografia che la ritrae in bikini, in una posa da sirenetta su una bellissima spiaggia – e che sembrava una semplice foto che tutti potremmo fare per immortalare un bel momento di relax – ha raccontato di come quel giorno quasi non avesse mangiato affinché la pancia fosse completamente piatta e di come non si fosse goduta affatto il sole e il mare ma di come avesse tormentato la sorella minore per farle foto su foto fin quando la pancia non fosse apparsa perfetta. Sotto la foto che ho scelto per questo post – e che, di nuovo, sembra così normale e casuale – ha confessato di esser stata pagata fior fior di quattrini per indossare quel vestito. Valanghe di soldi anche per mostrare una banalissima tazza di tè. Perché è questo che accade, ed è questo alla fine che significa essere una star dei social: raggiungere una visibilità abbastanza importante da attirare l'attenzione di aziende che iniziano a pagarti se mostri i loro prodotti nelle tue foto, nei tuoi video, nei tuoi post. Ma qual è il risultato di questa situazione?
Normalmente una persona decide di aprire un proprio profilo su una qualunque piattaforma per avere un luogo dove esprimersi, dove possibilmente trovare altre persone che condividono gli stessi interessi, che hanno gli stessi gusti; un luogo virtuale dove potere, insomma, comunicare. Nel momento in cui si decide di mostrare prodotti non di nostra scelta che ne è dell'aspetto personale ed individuale della faccenda?

Ma c'è di più: Essena ha infatti sottolineato come secondo lei non ci sia niente di male nell'accettare soldi per fare pubblicità. Semmai, l'errore sta nel non chiarire questo dettaglio a tutti gli utenti che ti seguono e si fidano. La parte più grave della sua storia però è il fatto che Instagram per lei fosse diventato una schiavitù e che sin dall'inizio non pubblicava tanto le sue foto perché questo la divertisse o fosse una sua passione: ha ammesso che per lei si trattava solo di cercare disperatamente l'approvazione degli altri, e come le sembrasse di ottenerla solo in base ai like che riceveva. Ha detto che le sarebbe piaciuto tanto che qualcuno le avesse aperto gli occhi a sedici anni, spiegandole come quella non fosse la realtà.

Questo è proprio il problema dei cosiddetti nativi digitali, quelli che sono nati con uno smartphone in mano e non hanno avuto la possibilità di vedere prima come fosse il mondo reale e acquisire così la capacità di valutare le situazioni come si deve, sapendo dare alle cose il giusto peso. Il motivo per cui la vicenda di Essena O'Neill mi ha colpita è che le critiche e le polemiche sul lavaggio del cervello che l'uso eccessivo di internet ha fatto all'umanità intera si sentono ogni giorno, ma solo in modo universale e generalizzato. E' raro che qualcuno metta se stesso al centro della polemica.

Certo, poi anche Essena ha dato più la colpa ai social che a se stessa, dichiarando platealmente che dietro questi mezzi di comunicazione non c'è altro che menzogna e falsità; ovviamente parole come queste hanno scatenato l'ira dei suoi colleghi, instagrammiani youtubiani e in vario modo ricchi e famosi grazie al web, i quali giustamente hanno sottolineato come dipenda tutto dall'uso che la persona ne fa e che se Essena sentiva il suo mondo come falso e bugiardo evidentemente era lei a non essere stata onesta nel mostrarsi al pubblico.

Ad ogni modo, questa è la piega che sta prendendo l'umanità. Gli adolescenti di oggi si basano su questi modelli e su questi idoli, sanno sempre meno di ciò che un tempo era ritenuto importante sapere e si convincono della possibilità di un successo che appare facile, veloce e alla portata di tutti. Non esiste più la fotografia casuale insieme agli amici, solo selfie studiate nel look e nella postura, che servono non a serbare il ricordo di un momento felice ma a dimostrare qualcosa agli altri, persone che nemmeno si conoscono e a cui in fondo non importa un fico secco anche quando cliccano un cuore un pollice all'insù o un ok per dire che gli piaci. Tanto anche loro sono impegnati a cercare sterile approvazione, piuttosto che a darne.

Uno dei rischi più grandi che stiamo correndo – e con la prima persona plurale intendo "noi" come genere umano – è quello di perdere completamente, oltre al senso del reale e del valore diverso che hanno le cose della vita, anche quel modo di essere che si chiamava spontaneità.
E la cosa più grave, forse, è che chi ne è consapevole non sa comunque come impedirlo.

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