mercoledì 14 giugno 2017

Spectator #8: Chiamatemi Anna

Ci sono cartoni animati famosissimi che da bambina non mi sono filata per niente. Il mio gusto infantile era forse più selettivo di quello che ho adesso, e difficilmente un cartone poteva guadagnarsi il mio interesse quanto i prescelti, ovvero Sailor Moon Lady Oscar, seguiti da Mila & Shiro. Pertanto di Anna dai capelli rossi non ho nessunissimo bel ricordo d'infanzia, né tanto meno mi è mai capitato di trovarmi in mano il romanzo da cui la storia è tratta, scritto da Lucy Maud Montgmory; per qualche strana ragione invece mi sono avvicinata all'anime in età adulta, e nonostante ci fossero aspetti che non mi convincessero del tutto un po' la trama, un po' i messaggi veicolati dalla storia, un po' proprio il personaggio sopra le righe di Anna mi hanno pian piano fatta fortemente affezionare a tutti i protagonisti di Green Gables. Ecco perché quando vedendo apparire questa serie intitolata Chiamatemi Anna su Netflix mi sono subito incuriosita, e non ho esitato a lanciarmi nella visione della prima lunghissima puntata.


Anna è un'orfana di tredici anni, che ha trascorso la sua vita sballottata tra l'orfanotrofio e diverse famiglie per le quali lavorare come una schiava; il suo arrivo a Green Gables all'inizio è soltanto un errore: i fratelli Matthew e Marilla Cuthbert infatti si aspettavano un maschio, al quale iniziare a delegare parte del grande lavoro nella loro fattoria. Anna però, con la sua intelligenza così brillante e così vivace, con la sua allegria, la sua esplosiva voglia di vivere ed anche con la sua dolcezza riuscirà a conquistare sin da subito il cuore tenero di Matthew e pian piano anche quello della più fredda e rigida Marilla.

Se mi chiedeste di trovare dei difetti ai sette episodi che compongono questa prima stagione, sinceramente non ci riuscirei proprio. Sin da subito i paesaggi della campagna inglese mi hanno riempito gli occhi di meraviglia, in un tripudio di colori che non diminuivano di bellezza neanche col cambiare delle stagioni, quando i prati e gli alberi di ciliegio perdevano i loro abiti primaverili per coprirsi di bianco. L'ambientazione degli interni non è da meno: la casa dei Cuthbert e così anche la scuola, nella loro frugalità, rispecchiano fedelmente l'immagine che il cartone animato aveva suggerito. E per completare l'atmosfera, non posso non consigliarvi di guardarla in lingua originale, perché la musicalità della lingua inglese in questo caso è come una continua poesia, soprattutto quando Anna si lancia nei suoi monologhi e nelle sue fantasticherie.

I personaggi, il modo in cui vengono introdotti, il modo in cui poi vengono raccontati è bello quanto può esserlo dentro un romanzo. I Cuthbert sono due persone ormai avanti con gli anni, un fratello ed una sorella con alle spalle una vita fatta principalmente di sacrificio, di rinunce che ancora non hanno smesso di arrecare dolore quando alla sera ci si ritrova soli davanti al caminetto acceso. 
Matthew è un uomo silenzioso, un po' orso quasi, impacciato in ogni cosa che implichi l'aver a che fare con un altro essere umano; eppure il suo cuore, quel cuore già un po' acciaccato dall'età e dal troppo lavoro, è colmo di una bontà totale, di generosità, di amore che forse non ha mai potuto riversare apertamente su nessuno e quando un misunderstanding gli piazza in casa quel piccolo tornado con le lentiggini e le trecce rosse arriva finalmente la sua occasione. A qualcuno potrà sembrare sciocco, ma non negherò di essermi commossa spesso per i gesti che Matthew, nonostante la sua timidezza, riesce a fare pur di rendere felice la sua Anna. Così come mi intenerivano profondamente i primi sorrisi, miti e trattenuti, che Anna riesce a strappare alla severa Marilla, che poi tanto severa non è. Ecco, Marilla penso sia uno dei miei personaggi preferiti, perché la sua rigidità è il frutto di un'esistenza in cui essere forti e mettere da parte ogni desiderio personale non era una possibilità o una scelta, ma un obbligo dal quale non era previsto tirarsi indietro. Marilla, a ben vedere, è una persona giusta: commette degli errori e quando si rivelano tali è pronta a tornare sui suoi passi e chiedere umilmente scusa; è una persona con un profondo senso dell'orgoglio e della dignità, che pure impara ad accettare di chiedere aiuto, quando arriva il momento di riceverne. Per come la vedo io, Marilla è una donna che ha chiuso tutte le porte per non aspettarsi più nulla, per non sentire tutte le mancanze che l'esperienza le ha lasciato; eppure ha il coraggio di riaprirle, una fessura alla volta, mostrando puntata dopo puntata tutta la sua umanità.

Altrettanto ben caratterizzati sono tutti gli altri personaggi che ruotano attorno ai protagonisti, dalla vicina di casa Rachel Lynde, inguaribile pettegola dalla lingua troppo lunga che infatti causa il primo impetuoso scoppio di rabbia della povera Anna; e poi la dolce ed elegante Diana Barry, la prima vera amica che Anna possa vantare nella sua vita, che le sarà vicina e la aiuterà come meglio può in tutte le complicate situazioni in cui incapperà ogni volta che mette piede in classe - una classe che per quanto piccola non è meno ostile ai nuovi ed ai diversi. E poi l'anziana parente di Diana, una vecchia, ricca, raffinata signora rimasta indipendente per scelta, che Anna elegge a suo modello di esempio e d'ispirazione; e Gilbert Blythe, l'amico-nemico di Anna, le cui vicende aggiungono del pepe a tutta la storia.

Ma la menzione d'onore, senza ombra di dubbio, va tutta a lei, la protagonista assoluta ed indiscussa, Anna Shirley-Cuthbert, Anna dai capelli rossi, "Anne with an e". Innanzi tutto trovo Amybeth McNulty, l'attrice che la interpreta, non soltanto perfetta per il ruolo - sembra proprio uscita dal cartone animato! - ma fin troppo graziosa; al di là di questo, e ben più importante, sono rimasta sconcertata dal suo talento. Non me ne intendo di recitazione, ma non credo che il ruolo di Anna fosse facile da interpretare: basta considerare la quantità di parole e paroloni che escono dalla sua bocca ogni volta che parla, i suoi lunghissimi monologhi, e la passionalità che nel bene e nel male caratterizza il personaggio. Beh, penso che la McNulty sia stata sempre all'altezza ed abbia davvero saputo dare vita a tutte le esuberanze ed intemperanze della scatenatissima Anna.
Adoro Anna Shirley per tutto ciò che rappresenta e che insegna. Pur essendo così giovane, Anna ha già conosciuto fin troppa fatica, sofferenza, ingiustizia declinata in tutte le forme possibili; eppure sono state proprio le sue esperienze ad insegnarle tutto ciò che sa e di fronte ad una casa che brucia o una bimba soffocata dalla tosse lei non si spaventa, si rimbocca le maniche e sa precisamente cosa fare. Non solo: Anna Shirley è un continuo inno alla bellezza di essere se stessi, un canto di rivolta fatto di pura fantasia. Nonostante la sua aria spensierata e le sue valanghe di chiacchiere possano far pensare che sia una con la testa sempre tra le nuvole, io credo che Anna stia fin troppo coi piedi per terra, tant'è che di fronte ai problemi non fugge mai, al contrario, si fa salda e lucida più di quanto sarebbero in grado di fare molti adulti e s'impegna a trovare ogni possibile soluzione. Tutte le storie che racconta a se stessa ed agli altri, il suo continuo fantasticare e spingere le persone che ha accanto a stimolare ed esercitare la propria fantasia è il necessario palliativo, è la coccola a fine giornata che non avendo mai ricevuto Anna ha imparato a darsi da sola; era il conforto tra le mura ostili dell'orfanotrofio, un piccolo rifugio nelle case altrui che lei non ha mai potuto chiamare proprie. Per quello, a differenza di molte opinioni che mi è capitato di leggere o sentire, non ho trovato per nulla fastidiosi i voli pindarici della mente e della lingua di Anna - al contrario, è un aspetto che mi suscita infinita tenerezza e che mi rende questo personaggio più simpatico che mai. E poi, a noi lettori ed appassionati di storie, come può non piacere una bambina che proprio in esse ha trovato la propria salvezza? Nel fingersi la principessa Cordelia, o immaginare una vita ed una fine avventurosa dei propri genitori mai conosciuti. Anna è un portento, una forza della natura, e a me piace proprio così com'è. 

Ribadisco che non conosco il libro, ma la serie prodotta da Netflix ha messo in luce anche moltissimi elementi degni di nota, ognuno dei quali potrebbe divenire motivo di riflessione, di approfondimento, di discussione. Penso ad esempio alla condizione degli orfani, praticamente privi di ogni forma di protezione, utilizzati come manodopera a costo zero e senza alcun riguardo per la loro tenera età; oppure ad un tema senza tempo come le difficoltà che s'incontrano a scuola, anche una scuola piccola come quella frequentata da Anna e dalle sue compagne; si potrebbe parlare del pregiudizio - anche questo un tema purtroppo universale - come quello subito da Anna prima di riuscire a conquistare la fiducia ed il rispetto di tutti i vicini. Uno dei temi che ho trovato più interessante in assoluto è quello del femminismo: iniziano ad aprirsi degli spiragli sulla condizione della donna, che forse non era poi fatta soltanto per sfornare torte e bambini. L'argomento viene proposto sia per mezzo di un gruppo di donne all'avanguardia che, avendo delle figlie femmine, si riuniscono per confrontarsi e scambiarsi idee, opinioni e letture riguardo la formazione delle donne di domani, sia per mezzo della stessa Anna che non esita mai a dichiarare che non ha alcun senso distinguere tra mansioni da uomo e mansioni da donna, dal momento che lei sarebbe perfettamente in grado di far bene le une quanto le altre.

Insomma, Chiamatemi Anna è proprio una serie ben fatta, che mi sento di consigliarvi spassionatamente. Intanto che ci pensate io vi lascio qui sotto la sigla, perché persino quella è bellissima.










6 commenti:

  1. Serie molto graziosa e cartone che ho sempre ignorato, peccato non abbia molta voglia di sapere cosa sarà di loro. E che la troppa dolcezza, le trame un po' ricattatorie, facciano un po' film dei Natali di Canale Cinque, a mio dire. Lei, dopo l'odio iniziale (ma quanto parla?), dopo un po' mi ha fatto tanta tenerezza.

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    1. Immagino sia questione di gusti, perché non l'ho trovata per nulla stucchevole, e la parlantina di Anna mi ha divertita sin dall'inizio :)

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  2. Anna è una delle mie eroine degli anni d'infanzia. Il celebre manga era un appuntamento sacro ogni pomeriggio. Ho amato questa storia e vedrò sicuramente lo sceneggiato tv.
    Ricordo in particolare il legame di Anna con l'ambiente naturale. I giapponesi erano molto bravi a curare questo particolare aspetto.

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    1. Sì, lo sono, hanno la capacità di esaltare certe piccole cose nelle loro narrazioni che noi occidentali non avremo mai, o comunque non con quel tocco. Anche in questa serie però il legame con la natura ha il suo giusto spazio, complici anche dei paesaggi davvero belli.
      Ti auguro buona visione allora e aspetto di sapere cosa te ne è sembrato! Spero ti piaccia :)

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  3. Ciao Julia, come promesso eccomi qui a commentare il tuo post su Chiamatemi Anna. Che dire? Concordo completamente con te su tutto, soprattutto sui Cuthbert. Anche io sono rimasta innamorata di Matthew e mi sono ritrovata a commuovermi non poco di fronte alle sue discrete attenzioni. E Marilla è un personaggio scritto divinamente, ha quella forza di carattere che le permette di essere più divertita che infastidita dalle particolarità di Anna. Inoltre è un personaggio che si mette continuamente in discussione e che sa raccogliere i suggerimenti del suo più morbido fratello. E sono d'accordissimo anche sulla tua interpretazione delle fantasie di Anna: sono chiaramente meccanismi difensivi che ha usato per trovare un po' di calore in un mondo totalmente ostile. Bravissima, hai reso giustizia ad un gioiellino indimenticabile! Un bacione!

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    1. Grazie di esserti presa il disturbo ed il tempo per passare a leggerla :)
      sono felice di esser riuscita ad esprimere tutta la meraviglia che ho provato guardando questa serie, perché ne ho adorato ogni dettaglio. Da Instagram vedo che stanno girando la seconda stagione, non vedo assolutamente l'ora!

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